Fare sport e’ rincorrere il primo sudore, la prima fatica di un bambino dietro al pallone. Forse e’ nel parare un tiro di mio padre tra due pali fatti con i maglioni buttati per terra, forse una partitella in una piazza della vecchia Garbatella, ma in qualche parte devo aver provato quel qualcosa che ho inseguito tutta la vita! Non importa se corressi in bici sognandomi Bartali che staccava Coppi, o facessi i guanti a Testaccio pensando a Benvenuti e Monzon, oppure che tirassi di destro fantasticando sul sinistro di Giggiriva! L’importante era l’odore del sudore, la fatica, l’essere stanco dell’impresa immaginata! Da grande ho perso tante volte e vinto poco. A pallavolo, nel calcio, a correre, a nuotare, non sono mai stato un campione. Ma non me fregava niente: il dopo era quello che cercavo più di tutto! Non dovevo avere rimpianti, questa era la regola. Dopo ci voleva l’odore del sudore, tanto dolore e nessuna forza, perche’ se dopo hai ancora forza sei un cretino! Nel calcio diventai un rissoso: non avevo i piedi buoni, ma la dovevo buttare dentro! E alla fine ci riuscivo! Mi piacevano quelli tosti e un po’ sfigati. Rocky, che non era un pugile vero, era il più grande. Sul ring puoi prenderle per quindici round, ma poi, con il sapore del sangue in bocca, devi avere la forza e il coraggio di mettere l’ultimo colpo! Ma quello che conta e’ il dopo. ” Adrianaaaa!”, come deve sentirsi un uomo gonfio di botte, che ha perso e che grida “Adriana!!!”? Io lo so. E’ questo quello che conta!

Ciao, ricambio con piacere la visita.
Ricordo come se fossero ieri quei giorni, la scoperta di una nuova mossa, l’affrontare i ragazzi più grandi, la voglia di emulare degli eroi (fortunatamente ora non considero più tali i calciatori…) e, perchè no, diventare uno di loro.
Agli occhi degli adulti doveva sembrare un semplice divertimento ma, visto da dentro, era una vera e propria sfida contro sè stessi e gli altri.
Peccato che, a volte, si possa perdere.