I Gabbiani ultimi custodi della nostra storia!

Un bel giorno, all’alba della nostra storia, un dio, Marte, si unì ad una mortale, Rea Silvia. Una giovane ragazza per la quale si scomoda un dio non deve essere una qualsiasi. La fanciulla era discendente dell’eroe Enea e figlia di Numitore, re di Alba Longa. Per evitare che la giovane  generasse eredi al trono, lo zio, il perfido Amulio, la costrinse a farsi monaca, che allora significa diventare vestale, condannata a non conoscere uomo. Un uomo no, ma un dio sì, avrà pensato la giovane Rea, quando non resistette a Marte, che poi era un dio niente male. Da questo incontro fortunato nacquero Romolo e Remo, e dal primo nacque la civiltà occidentale, la nostra storia, Roma.  Figli di Marte, i romani non potevano non essere padroni del mondo! Ma da sempre i figli irregolari non sono stati fortunati, tra uno zio che li voleva far uccidere, una serva pietosa e una lupa con uno spiccato istinto materno, i due trovarono rifugio a Gabii, dove impararono a leggere e scrivere, mentre la povera mamma fu sepolta viva, evidentemente sedotta e abbondanata anche dal dio che l’aveva posseduta. Il luogo che aveva ospitato il primo re di Roma doveva essere tenuto in massima considerazione tra i primi romani, almeno finchè i re Tarquini non  conquistarono l’antica cittadella con l’inganno. Un trattato fra Roma e Gabii, scritto su una pelle di bue posta a rivestimento di uno scudo, era conservato nel tempio di Quirino, divinità legata proprio al fondatore di Roma. Basterebbe questo perchè Gabii sia oggi monumento alla nostra storia. Se Roma è  nostra madre, Gabii è il villaggio che ha visto crescere nostro padre.  Non è un caso che Gabii fosse Gabii: la città era uno dei punti cardinali di un quadrilatero  insieme a  Tibur, Praeneste  e Collatia, sulla via di comunicazione con Etruria e Campania,  e in questi villaggi nacque il modello sociale che poi sarà di Roma.  Gabii iniziò a morire con l’ultimo re di Roma, sopravvisse nella repubblica e fu quasi dimenticata dagli imperatori. Il suo ultimo atto di generosità fu quello di dare i natali al grande Tibullo.

 Negli stessi anni in cui nasceva il  maestro dell’elegia erotica, a  una decina di chilometri da Gabii, Cesare restaurò una gran bella villa, già nota ai tempi di Silla, ma che troverà il suo massimo splendore con Adriano, il quale le diede il nome: Villa Adriana!

Quello che accadde nei successivi duemila anni in parte lo sappiamo, in parte vogliamo ignorarlo. Quando camminiamo in quel fazzoletto di terra tra Gabii, Tivoli, Villa Adriana, Lunghezza, sappiamo che prima di noi ci hanno camminato i nostri  i nostri padri, i nostri progenitori, sappiamo che quel fazzoletto di terra è l’ombelico dal quale è scaturita la nostra storia, abitato dalla spirito dei Lares familiares.

Ma una maledizione sembra colpire questa terra, la maledizione di Rea Silvia. Sono passati tanti secoli e ora la stessa terra che ha ospitato il figlio subirà la sorte della madre: sepolta viva sotto un cumulo di sporcizia!

Da domani quella terra sarà la terra nella quale voleranno sovrani i gabbiani, ultimi spazzini della nostra civiltà. Ma poi, può chiamarsi civiltà quella di uomini che decidono di seppellire con una discarica la propria storia?

A noi il compito di fermarvi, e se non ci riusciremo, su di noi e sul novello Amulio cada la maledizione di Marte!

Un pensiero riguardo “I Gabbiani ultimi custodi della nostra storia!

  1. bellissimo…………..speriamo di farcela..è un vero peccato,intorno a roma sono poche le zone rimaste ancora così..

Lascia un commento