Finalmente in ginocchio comincia ad essere ragionevole, finalmente posso illudermi di svolgere un seppur poco ambizioso programma di allenamento. Faccio tutto da solo: come allenatore ho il privilegio di allenare un atleta che mi sta a sentire e come atleta ho l’onore di essere allenato da un allenatore di cui mi fido! Domenica ho anche trovato due insperati compagni di avventura, Amedeo e Claudio, nati nel 1940 ma integri e battaglieri, oltrechè simpatici e comprensivi nei confronti di uno che da sempre è ex atleta in sovrappeso. Il percorso in bici non è stato di quelli spettacolari (niente alpi, ma neanche strade in mezzo ai boschi): una buona prima parte con il passaggio dalle parti di Corcolle, rievocando il rischio-discarica, e poi un circuito intorno a Guidonia, prima di ritornare a casa, superando un falsopiano e uno strappetto finale che domenica mi sembrava il Mortirolo.
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La bici, la mia vecchia Liberati, mi mi ha fatto
sentire un po’ vintage, ma anche un po’ Bartali. Con il mio vecchio ferro ho incontrato giovanotti che sotto il loro cavallo montavano pezzi di carbonio da sette-ottomila euro, ma sono sempre le gambe a fare la differenza: infatti andavano tutti molto, molto più veloci del sottoscritto!
Credo che podisti, ciclisti, arrampicatori e camminatori abbiano un elemento che unisce le loro imprese: prima o poi si finisce al bar e allora sotto con storie fantastiche, racconti improbabili, progetti di avventure future. Si parla di “quella volta che ero primo, ma ho sbagliato strada” o di quando “sullo Stelvio ho staccato tutti”. E’ chiaro che questa sia la parte più bella di ogni “allenamento”, ma non avrebbe senso se prima non si fosse imprecato insieme per la fatica!
