La poesia del cucchiaio!

Totti era un ragazzino un po’ incosciente e parecchio guascone quando fece impazzire l’Europa per il cucchiaio a Edwin van der Saar, un portierone di oltre due metri sdraiato per terra mentre la palla lo scavalca per gonfiare lenta la rete, riempendola dall’alto in basso. Pirlo è l’emblema della maturità, tipo tanto professionista in campo, quanto scontato fuori. Un uomo azienda che se non avesse fatto il calciatore avrebbe fatto il dirigente in Mediolanum. Da lui non te lo aspetti. Eppure l’ha fatto e dopo ha commentato: “era il modo più facile per segnare!”. Il portierino inglese non era certo Globbelar, emblema del portiere che ti manda fuori di giri, ma accennava pure lui ad intimorire i rigoristi avversari con atteggiamenti spavaldi. Il cucchiaio di Pirlo ha disegnato una parabola meno poetica rispetto al gesto del predecessore, la gobba era meno accentuata, quasi timida, come a scusarsi di tanta sregolatezza. In quel momento abbiamo vinto culturalmente. Gli inglesi, pure in vantaggio, sono andati in bambola: prima dominati durante i canonici 90′, poi annichiliti senza esito nei supplementari. Noi ci scusiamo da sempre di essere una potenza calcistica, loro hanno sempre l’aria di quelli a cui tutto è dovuto.  Già leggevamo i titoli dei giornali d’oltre manica: “l’Inghilterra vince all’italiana”, come dire che se abbiamo sempre vinto difendendoci non abbiamo ora il diritto a recriminare quando  gli altri subiscono  e poi come Rocky ci sferrano il colpo del KO. E invece il popolo che ancora canta “Dio salvi la regina” si è inchinato alla marcetta di Mameli, perchè la vittoria è schiava di Roma… ma anche perchè ad un inglese non verrebbe mai in mente di usare un cucchiaio se non per addolcire il tè delle cinque.

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