Platone e la battuta float. Ci vogliono le idee, ma quelle buone. Capitolo III, parte prima

  1. Ci vogliono le idee (giuste)!

 

  Platone, per nostra fortuna, non era un coach di pallavolo, questo non toglie che mi sia stato di grande aiuto nell’impresa di insegnare ad un ragazzo la battuta float.

All’inizio la presenza di Platone è stata discreta e sotterranea. Gli studi giovanili influenzavano il mio modo di allenare e non ci stavo a pensare troppo. Con il passare degli anni, quando ho capito che alcuni spunti tratti da Platone erano centrali nel mio modo di stare in palestra,  ho pensato bene di ragionarci sopra. Naturalmente non tutto Platone può aiutare la pallavolo e grazie a Dio non c’è nessun motivo per cui tutta la nostra pallavolo debba essere influenzata da Platone. Ma gira e rigira qualcosa del filosofo è entrata prepotentemente in una tecnica che ho adottato molto spesso e con discreto successo. Parlo di un arrangiamento personale della tecnica chiamata visualizzazione

  Detto così sembra strano, in realtà è qualcosa di molto semplice. Non sto certo parlando nel senso dell’accezione comune che si attribuisce a questa tecnica o dell’uso piuttosto volgare che ne fa la PNL. La visualizzazione oggi rientra nella semantica delle parolone più utilizzate dai guru del coaching, del miglioramento personale, della psicologia sportiva. Come ogni concetto alla moda viene un po’ strapazzato. Tuttavia il nucleo di questa tecnica deriva proprio da Platone e possiamo applicarla facilmente allo sport. E’ complicato? No, non credo. Facciamo un piccolo esperimento e prestatemi la vostra fantasia. Bisogna che lo facciate sul serio, quindi cercate di estraniarvi da chi vi sta intorno e spegnete lo smartphone. Pronti? Bene. Immaginate di farvi un giro su google, digitate visualizzazione ….tic…tic. tic… Bene, ora cominciate a saltare tra una schermata e l’altra, stampate ogni foglio….. sentite il rumore della vecchia stampante a getto d’inchiostro che arranca? Bene, ora correte a procurarvi tutti i manuali che parlano della visualizzazione. Fate un salto alla biblioteca del quartiere o del paese, in libreria, all’università:  avete davanti a voi molti libri, ce ne sono in formato tascabile, colorati, in bianco e nero, pesanti e leggeri…. li vedete? Bene, ora caricateli uno ad uno su quel bel furgone bianco preso a noleggio, sentite il peso di tutti questi volumi? Mettete in moto e partite. Adesso fermate il furgone, aprite il portellone e scaricate i fogli stampati e i libri che vi siete procurati nel parcheggio della vostra palestra… una bella fatica sotto il sole cocente. E’ giugno, le scuole stanno terminando e avete beccato la prima settimana di caldo: immaginatevi a scaricare il furgone fino a sentire il sudore che vi bagna i vestiti. Ora fate una grande catasta di libri e fogli stampati, tutti che parlano di visualizzazione. Il mucchio di carta è alto quanto il nostro centrale, prendete la benzina, una tanica trasparente piena di liquido infiammabile, se ne sente distintamente l’odore. Cospargete la carta alla base della piramide di fogli e libri che avete costruito sgobbando sotto il sole. Ora, senza farvi del male, date tranquillamente fuoco al mucchio di idiozie che avete raccolto. Sentite il calore di tutte queste pagine inutili che bruciano? Sentite il rumore del fuoco? Vi sentite soddisfatti a respirare il fumo acre di tante stupidaggini? Assaparate tutta la gioia di questo momento, riempitevi i polmoni dell’odore che ha la liberazione da inutili pagine andate in fumo.

  Ci siete riusciti?

   Bene, questo è un buon esperimento di visualizzazione e sia chiaro che non ho mai bruciato un libro in vita mia e spero lo stesso di voi. A volte il nostro cervello ha bisogno di queste finzioni per liberarsi da tanti retaggi fastidiosi.

  Comunque, tornando a noi, da questo processo, nel campo della motivazione sportiva, si è costruito un mondo… che spesso, ammettiamolo, non sta in piedi proprio per colpa di pratiche frettolose e superficiali. Si passa con una certa disinvoltura dall’ utilizzare il processo della visualizzazione per fini didattici ad un uso prettamente motivazionale. Nel primo caso si induce l’atleta a immaginare e visualizzare un dato gesto tecnico in maniera che la mente trasmetta un corretto impulso neuromuscolare. D’altra parte, spostandoci sul versante motivazionale del discorso, osservarsi mentre si taglia il traguardo per primi, gioire per la vittoria di un campionato, sognare ad occhi aperti un trionfo sono esperienze che creano un concreto desiderio di vivere realmente i momenti prospettati dalla fantasia. Questa tecnica, se eseguita bene, è una specie di induzione ipnotica che proietta nel presente l’immagine del successo futuro, inducendo una maggiore motivazione al lavoro necessario per raggiungere concretamente l’obiettivo prospettato nella visualizzazione.

  Tuttavia credo che l’espediente di motivare un ragazzo a lavorare sodo facendogli visualizzare il giorno in cui vincerà il campionato sia piuttosto debole. Lo si può fare, non provoca gravi danni, ma credo che non serva a molto. Tanti coach, in molti campi, utilizzano allo sfinimento questo percorso. Se lo fanno vuol dire che ne traggono qualche utilità. Buon per loro!

 

  Rimaniamo con i piedi per terra e torniamo invece alla filosofia e alla teoria delle idee di Platone, applicate allo sport attraverso la visualizzazione utilizzata come stimolo neuromuscolare alla esecuzione di un gesto tecnico. A qualcuno potrà apparire bizzarro quanto succede ad un atleta che pratica lo sci prima che si apra il cancelletto di partenza. Spesso le telecamere inquadrano questi uomini bionici in tute attillate che con gli occhi socchiusi seguono un percorso mentale. Sembrano sognare muovendo mani e testa inseguendo un filo mentale che li induce a ricordare il percorso porta su porta e a vedere come affrontare al meglio la discesa, secondo un modello di prestazione che hanno interiorizzato prima e visualizzato poi.

  Ho notato anche che molti tennisti dopo aver sbagliato un colpo lo ripetono mentalmente, agitando la racchetta a vuoto, come a colpire nella maniera giusta la palla malamente sprecata in precedenza.

  Nei momenti che precedono il riscaldamento di una partita di pallavolo i liberi prendono contatto con zona cinque del campo e molto lentamente eseguono delle difese ideali senza che nessun pallone minacci realmente di cadere nella zona di campo a loro affidata.

  Tutti questi atteggiamenti sono sintomatici della capacità della mente di un atleta di vedere l’idea del proprio gesto tecnico ed eseguirlo fuori da un contesto concreto.

  Ma cosa vede l’atleta? Prendiamo per buono che lo sportivo visualizzi qualcosa concettualmente vicino all’idea di Platone. Un modello universale al quale ispirare il gesto particolare. Per definizione l’idea di Platone è perfetta: tanto più il movimento visualizzato dall’atleta sarà perfetto, tanto più sarà d’aiuto alla corretta esecuzione. Qui entrano le capacità dell’atleta, ma anche l’allenamento a visualizzare, la capacità di depurare le immagini da paure, fatti contingenti, elementi non essenziali. L’atleta dovrà imparare a idealizzare quello che vede, depurandolo da tutta una serie di fattori di disturbo e renderlo utilizzabile al momento della realizzazione. Un po’ quello che succede con i navigatori satellitari quando ti mostrano la strada che stai per percorrere.

In questo contesto la visualizzazione è una anticipazione del gesto che si dovrà realizzare nel concreto. Più sarà forte e buona questa immagine, meglio sarà realizzato il gesto.

  (segue)

 

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