Evangelisti, Chi ha del ferro ha del pane

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Secondo volume della saga della famiglia Verardi, con Canzio che assurge al ruolo di reggente, con gli uomini e le donne della famiglia che muovono la scena nelle le mille difficoltà della gente emiliana e romagnola, tra l’epopea socialista e l’alba della tragedia fascista. Costa lascia il posto a Bonomi, Bissolati e agli altri socialisti istituzionali, i quali pretendono di guidare un popolo che appare lontano dai grandi temi della politica e molto più preoccupato del pane, strettamente legato alle vicende politiche locali. Sullo sfondo compare, timido, Malatesta, tanto dignitoso quanto impotente. Le grandi battaglie in Parlamento sembrano produrre benefici per contadini ed operai, ma poi c’è un altro livello di scontro, quello, diremmo oggi, sul territorio e alla fine sono i prepotenti che dettano legge. Qualche membro della dinastia cambia casacca, qualche socialista, Mussolini in testa, diventa qualcosa di diverso e tenebroso. La famiglia Verardi si occupa certo della politica, anzi sembra che viva della politica. Ma la politica è quella dei consorzi e delle leghe che dà da mangiare e lavoro.  Meglio la rivoluzione o il socialismo che si pratica a Molinella e nell’officina di Canzio? Sindacalisti e anarchici, minimalisti e massimalisti si contendono la ragione bruciando venti anni di conquiste… e intanto i fasci cambiano pelle…

Alla nostra famiglia sembra che non ne vada una per il verso giusto, ma la solidarietà tra compagni e paranti è immensa. Proprio la solidarietà sembra emergere come il  filo rosso del racconto, spezzato però dalle lotte tra le mille correnti che dilaniano il socialismo e che lo lasceranno a bocca aperta dinanzi alla violenza degli uomini che indossano il fez e che sono la risposta di chi comanda alle vittorie socialiste. Lo stesso ramo popolare produce frutti molto diversi. Chi è abituato a gestire il potere politico ed economico ha capito un attimo prima degli altri che chi ha del ferro ha del pane…

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