La gomma e il ferro!

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“Questa squadra non è abituata a lottare per la salvezza!” Quante volte lo abbiamo sentito dire da allenatori e giornalisti? Se ci pensiamo sembrerebbe una grossa sciocchezza. Ogni partita è… una partita e poco conta se sei invischiato nelle zone basse della classifica o lotti per il vertice. Ogni partita la giochi per vincere. Eppure se in tanti pensano che una squadra di rango abbia problemi quando è costretta a lottare in fondo alla classifica deve esserci qualcosa di vero. Sicuramente ci sono dei problemi tattici e ambientali. Nel calcio, per dirne una, si può giocare per il pareggio e se ci si deve salvare ci si accontenterà di un punto, piuttosto che rischiare la sconfitta con una tattica arrembante. Un mezzofondista che corre contro atleti più performanti tenterà una gara tattica, piuttosto che sfidarli in maniera spavalda dal primo giro. Più difficile nel volley, ma comunque anche in questo sport, almeno nelle serie minori, cercare di non dominare una partita e giocare al muro di gomma può avere i suoi vantaggi, più difficile in serie A.

Al netto di questi accorgimenti tattici, la differenza è mentale. Una squadra abituata a vincere, a dominare, può trovarsi nei guai se affronta una situazione in cui le sue certezze vengono messe in discussione. Il caso tipico è quello di una squadra che vince un campionato e sale di categoria. Naturalmente può imporre i suoi valori anche nella categoria superiore, ma spesso questo non riesce. Stessa cosa avviene per una squadra giovanile che diventa senior. Pensiamo ai Club Italia nel volley, i migliori giovani che sono spinti a confrontarsi con realtà di A2 o B1, in competizione con vecchi marpioni.

Che succede in questi casi? Il ferro, forgiato da tante vittorie, può rompersi. La barca rischia di affondare. Occorre fare qualcosa!

Le strade che si possono seguire in queste stagioni di difficoltà sono due. Comportarsi ancora come ferro, sfidando le forze ostili fino al rischio di spezzarsi è una delle alternative. E’ quello che avviene ad una squadra abituata a vincere: a volte retrocede pur rimanendo più forte di tante altre squadre che invece si salvano.

Oppure…. oppure il ferro è chiamato a trasformarsi in gomma. Risalire in superficie, trasformando le circostanze negative in opportunità. Questo atteggiamento si chiama “resilienza” ed è un termine oggi alla moda, anche se molti lo utilizzano senza sapere di cosa parlano. Resilienza deriva dal latino “resalio”. E’ interessante riflettere su uno dei significati che può assumere questo verbo. Se siamo in mare e si rovescia la barca, il naufrago ha due scelte, tentare di capovolgere la barca, o risalire sulla barca rovesciata. Nel nostro caso ad un team vincente verrà naturale provare a rimettere la barca per dritto: a volte ci riuscirà, altre sarà sopraffatta dalle onde. Questo team è resistente, non resiliente!

La squadra resiliente, invece, prenderà atto che la barca è stata rovesciata, risalirà e utilizzerà mille accorgimenti per indirizzare il relitto verso un porto sicuro.

La squadra resiliente sarà composta da individui resilienti: sarà ottimista, saprà cogliere gli elementi positivi anche negli insuccessi, non si spaccherà, saprà convertire i resistenti alla resilienza o li isolerà, ma non permetterà a chi è scettico di frenare il gruppo, leggerà le difficoltà come momenti circoscritti e passeggeri, vedrà i cambiamenti come opportunità, distinguerà tra errori e fatti contingenti, soprattutto non perderà mai la bussola, riuscendo a controllare gli elementi avversi, rispettandone e in qualche caso assecondandone la forza, proprio come la gomma dura, che assorbe il colpo … e lo restituisce.

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