Per carità, nessuna indagine statistica, però….però quando entriamo in una palestra di pallavolo constatiamo che gran parte del lavoro è dedicato alla tecnica e alla tattica. Esercizi analitici interminabili e continue interruzioni del coach sono i caratteri distintivi di un brutto allenamento. Probabilmente questo avviene in molti sport, soprattutto se il coach è alle prese con giovani alle prime armi. Bravi allenatori perdono ore e ore ad insegnare come il palleggiatore deve mettere la falange del mignolo…
Poi, però, ad esclusione di settembre quando si massacrano gli atleti quasi a far pagare loro la bella abbronzatura, si lavora in percentuale molto ridotta sulla parte fisica (durante il campionato, un dieci per cento compreso lo stretching?). Infine, proprio alla fine, si pensa alla testa, principalmente a mezzo apologhi del tipo: “in questa squadra si lavora per un centimetro…” o, nella versione più nostrana, con interminabili sedute in confessionale. I momenti sono generalmente distinti tra loro: un bel grafico a parallelepipedi potrebbe rappresentarli con efficacia, l’unica variabile è l’altezza dei singoli grattacieli.
Tante volte, come molti, ho sbagliato pensando: questa settimana carico sulla parte atletica, oppure, dobbiamo lavorare sulla tecnica; tante volte ho sentito colleghi cavarsela sull’ aspetto del coaching con: “questa sera faccio un bel discorsetto!”
Ma allora, se trascurare la parte atletica e quella mentale non va bene, fare i discorsetti o sedute specifiche di atletica non mi convince, cosa propongo?
L’allenamento è un adattamento alla partita? Allora perché quando prepariamo un allenamento non pensiamo che in ogni partita la tecnica, le doti atletiche e la testa non entrano in gioco in momenti distinti tra loro? Per un attacco ci vuole un bel salto, una buona tecnica e la testa giusta. Questi tre elementi, insieme e in armonia tra loro, buttano a terra un pallone!
Penso che per questo motivo l’allenamento più efficace sia quello che possiamo chiamare “circolare”, nel quale abilità di gioco, fisiche e mentali siano chiamate contemporaneamente in causa per superare l’asticella. Impossibile stilare percentuali, tutte le componenti dell’atleta debbono essere coinvolte. Il vantaggio di questo allenamento è triplo, ogni componente viene allenata insieme alle altre due senza che l’atleta se ne accorga. Si può allenare la forza attraverso esercizi tecnici e anche il vecchio carrello di palloni da difendere è un modo di allenare la testa.
Per costruire un allenamento circolare ci vuole fantasia, ma non troppo: ogni esercizio tecnico deve avere una componente fisica e deve richiedere che la testa dell’atleta sia accesa e ben attaccata al collo.
Con un buon allenamento circolare ci si allena alla partita e in genere l’atleta si diverte di più, ottimizzando il proprio lavoro.
Naturalmente negli anni, costruendo questo metodo circolare, mi sono accorto di aver fatto degli errori. Se l’atleta non ha la giusta percezione di quello che sta facendo non lavorerà efficacemente e non acquisirà consapevolezza del proprio buon lavoro. A volte mi sono sentito dire: “ma tu non mi fai fare tecnica”…. eppure negli esercizi che proponevo di tecnica ce ne era da vendere, solo che il ragazzo o la ragazza la facevano senza rendersene conto e questo non sempre è un bene. Per acquisire sicurezza bisogna prendere coscienza del buon lavoro svolto: se il ragazzo non sente di aver lavorato bene e tanto sarà mentalmente impreparato alla partita.
Oltre all’errore del coach che non vende adeguatamente il proprio lavoro, in agguato c’è anche un rischio, opposto al precedente: l’atleta tecnico penserà che sia inutile perdere tempo con tutto quel sudore, l’atleta forte fisicamente sarà frustrato dalla sua difficoltà tecnica, quello che sa usare bene la testa in genere corre meno pericoli, però potrà pensare di cavarsela anche se non sa come mettere questo benedetto mignolo!

