Perché leggere la Guerra nel team di Patrick Lencioni? Intanto perché la lettura è senza alcun dubbio utile e piacevole. Lencioni utilizza un format molto efficace: nella prima parte del libro scrive un vero e proprio racconto su come una tal Kathryn, tutto sommato un’outsider, chiamata a dirigere la Decision Tech, si misuri con le dinamiche di gruppo che irretiscono un team di qualificati dirigenti alle prese con clamorosi problemi di performance. Nella seconda parte l’autore approfondisce la teoria che ispira il racconto.
La protagonista è anche la moglie di un allenatore di basket e il confronto tra team e squadra sportiva è senza dubbio presente ed efficace tanto nella prima, quanto nella seconda parte del libro. Kathryn eredita una squadra perdente, ormai sull’orlo del fallimento e il suo lavoro sarà tutto concentrato sul team building. Abbiamo il miglior prodotto e i dirigenti più preparati, un buon budget, eppure siamo dietro ai nostri concorrenti. Con queste parole la CEO trasforma il rituale dello staff meeting in un momento di confronto anche aspro, nel quale progressivamente emergeranno tutte le dinamiche di un gruppo in preda alle cinque disfunzioni descritte da Lencioni. Kathryn lascia emergere le problematiche una ad una, fino alla soluzione finale che sarà ottenuta con sacrifici, perdite e allontanamenti, perché l’assenza di conflitto è la prima delle cinque disfunzioni che paralizzano il team. Nella seconda parte del libro Lencioni prosegue con la teoria, piuttosto didascalica, a complemento e chiarimento del racconto.
Di questa seconda parte, onestamente, non se ne sentiva il bisogno: la storia sembrava molto più profonda di quanto poi è spiegato in prosa. Questo perché il pregio di uno story telling ben fatto, e quello di Lencioni lo è, sta nel lasciare al lettore una propria elaborazione concettuale, fondata sulla preparazione e sensibilità del lettore stesso. Andare a spiegare quello che si racconta limita e controlla la lettura stessa di chi si misura autenticamente con la narrazione. Questo la dice lunga su come inquadrare il libro: un testo counseling sulle dinamiche di gruppo, non certo di coaching.
Un libro comunque che vale la pena di leggere per approfondire le dinamiche di un gruppo o di una squadra. Confesso che se lo avessi conosciuto in precedenza avrei certamente evitato qualche errore nella gestione delle squadre che ho allenato.
