Freud e Platone

Platone non è stato un precursore della psicanalisi. Freud non ha attinto a piene mani da Platone. Con queste premesse il discorso sembrerebbe chiuso. Eppure le analogie tra la ricerca  intorno alla Psiche del filosofo e quella dello psicanalista sono sorprendenti. Solinas le indaga con precisione e competenza in un libro al quale si possono casomai rimproverare un linguaggio e un rigore troppo accademici e troppo poco divulgativi.

Si comincia partendo dalla analogie soltanto apparenti: la tripartizione dell’anima in Platone che trova un riscontro nella distinzione freudiana tra Es, Io e Super-io.

Il discorso si fa decisamente più interessate quando si concentra sulla dottrina dei desideri esposta nel libro IX della Repubblica per concludere con una attenzione tanto filosofica quanto moderna al pensiero di Freud riguardo a desideri, rimozione e repressione: “qui compare la tematizzazione platonica del sogno come riemersione dei desideri repressi che farà in Freud la via regia verso l’inconscio”, scrive giustamente Mario Vegetti nella Presentazione, riassumendo il cuore della indagine di Solinas e il punto di contatto più evidente tra la concezione platonica e quella freudiana. Il sogno quindi, appare la via d’ingresso a quello che Freud chiama inconscio e che per Platone è la natura dell’uomo che sfugge alle convenzioni sociali, al controllo, alla ragione. L’uomo peggiore è colui che da sveglio si comporta esattamente come l’abbiamo descritto in sogno, scriverà a proposito il filosofo nel libro IX della Repubblica. Sotto l’uomo che vediamo di giorno c’è un uomo notturno che riaffiora nel sogno. La dialettica tra questi due uomini è di estremo interesse per il filosofo quanto che per lo psicanalista.

Le distanze incolmabili tra filosofia platonica e psicoanalisi emergono però tanto nel metodo, che nella prospettiva terapeutica, la quale, per Platone, è tutta centrata nella sfera politica e sociale. L’equilibrio dei cittadini e il buon funzionamento della polis sono valori simmetrici, se non funziona il cittadino non funziona la polis e viceversa. C’è di più: polis e psiche sono l’una immagine dell’altra. La Polis è anche la cura dell’anima e le restituisce armonia quando ognuno è assegnato al compito che gli appartiene per costituzione ed indole. I governanti entrano nell’intimo del cittadino fino a stabilirne la corretta educazione, così come la ragione controlla i desideri inopportuni. Dal lato opposto Freud teorizza la prevalenza della struttura edipica, l’isolamento del soggetto e la conseguente soluzione nella pratica analitica frontale. Gli uomini che si sottopongono alla cura psicoanalitica non sono migliori degli altri e la psicanalisi non aiuta a costruire una società migliore.

Il libro si conclude con una sfida della metapsicologia alla metafisica che ha una significativa ricaduta morale: la dinamica psichica tratteggiata da Platone rimanda alla contemplazione dei modelli ideali “che fondano del resto il modello vero e assoluto di giustizia rispetto al quale la giustizia interiore e la stessa giustizia di natura non rappresentano che un pallido riflesso”. Sullo sfondo l’idea del bene che è causa di tutto ciò che è retto e bello (Repubblica 517bc). D’altra parte Freud con la sua certezza: i principi della coscienza morale sono privi di ogni fondamento filosofico, sono illusioni e manifestazioni deliranti. Dio, la religione, non sono altro che psicologia proiettata nel mondo esterno (Cfr. Freud, Piscopatologia della vita quotidiana, OSF, vol. 4. Pagg. 279, ss).

Tra Platone e Freud non c’è da scegliere, le due impostazioni, per quanto affascinante sia il confronto, restano su piani epistemologici considerevolmente diversi.

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