Tania Cagnotto e la macchina di Turing

Il film The imitation game ha portato alla ribalta del grande pubblico la figura del matematico Alan Turing, al quale, tra l’altro, dobbiamo un po’ della nostra libertà. Nella seconda guerra mondiale Turing fu decisivo nella vittoria alleata: decifrò il codice Enigma, utilizzato dai tedeschi per trasmettere informazioni cifrate della massima importanza. Non lo fece utilizzando carta e penna: per la sua impresa ebbe bisogno di inventare un voluminoso antesignano dei nostri calcolatori a schede, se leggi questo articolo dal tuo portatile lo devi anche a lui.

In questo post proverò a spiegarti che anche Tania Cagnotto deve molto al matematico britannico.

Dopo aver dato il suo contributo alla vittoria in guerra e aver realizzato un prototipo dei moderni computer, Turing ebbe il tempo di primeggiare anche come podista. Solo un infortunio lo privò della partecipazione all’Olimpiade.

Ora questo fatto potrebbe apparire secondario. Però immaginiamo la testa di un matematico che corre e utilizza il tragitto da casa all’Università per allenarsi, stiamo parlando della distanza che separa Cambridge da Ely, una cinquantina di chilometri andata e ritorno. Immaginiamo anche che questo matematico sia imbattuto in un grande problema: esiste sempre un metodo meccanico attraverso cui, dato un qualsiasi enunciato matematico, si possa stabilire se esso sia vero o falso?

Non c’è bisogno di farla lunga con la teoria. La domanda è: un sistema chiuso può decidere una frase che riguarda la sua stessa validità?

Ora immaginiamo un matematico con un tale problema che gli frulla in testa e che corre, corre mentre il tarlo gira e lavora. Su e giù, per cinquanta chilometri con questo problema sui sistemi chiusi in testa. Immaginiamo che la corsa gli suggerisca che la sua testa è un bel sistema aperto a mille ingerenze, a mille discorsi, a mille confronti con interlocutori immaginari. Immaginiamo anche che qualche tempo dopo gli sport saranno distinti in sport open e closed skills. Sport che richiedono abilità aperte e sport che richiederebbero abilità chiuse.

Dopo aver immaginato tutto questo fermiamoci un attimo su Tania Cagnotto. I tuffi sono lo sport che senza ombra di dubbio può essere definito closed skills. La differenza tra sport open e closed skills è data essenzialmente da fattori che riguardano il contesto: il contesto di uno sport classificato closed può essere in buon parte previsto e può essere descritto come stabile. Oltre ai tuffi sono closed skills il nuoto, il tiro a bersaglio, la ginnastica artistica, il bowling…

La classificazione tra sport aperti e sport chiusi fa riferimento anche alla distinzione tra abilità a componente prevalentemente motoria, con movimenti che si svolgono in automatico, bottom up ed abilità a componente prevalentemente cognitiva che si esercitano in maniera cosciente e con una elaborazione controllata, top down.
Nelle abilità per lo più motorie lo sportivo è chiamato a prendere poche decisioni ed è concentrato sul controllo motorio. Nelle abilità cognitive, invece, lo sportivo è chiamato a scegliere e gran parte del suo focus è centrato sul cosa fare più che sul come fare: scegliere se tirare in porta o passare la palla al compagno ha un peso superiore alla tecnica di esecuzione.

Bene, lasciamo Tania Cagnotto alle prese con il suo sport presunto bottom up e torniamo a Turing.

Le cronache ci raccontano che, tenendo su la sua bella tuta da allenamento, il matematico si sia messo a lavoro per risolvere il problema di Hilbert e ci riuscì prima che Kurt Gödel arrivasse alle stesse conclusioni con astrusi calcoli matematici. Inventò una macchina ipotetica per questo scopo, la macchina di Turing. Ebbene, la macchina di Turing dimostrò, bloccandosi (sempre virtualmente) che no, non esistono possibilità che un sistema chiuso decida sulla veridicità della sua stessa esistenza. Tutti quegli ipotetici ingranaggi si sarebbero bloccati nel decidere quell’unico preposizione del sistema.

Torniamo ora di nuovo ad un turno di tuffi di Tania Cagnotto. Secondo la teoria degli sport closed skills portata alle estreme conseguenze una tuffatrice che avesse sviluppato automatismi collaudati, una grande abilità e fosse in grado di ottenere un focus costante otterrebbe sempre lo stesso punteggio, perché il contesto è chiuso. Raccontatelo a Tania! Chiedetele se le possibilità del suo punteggio nella finale olimpica fossero chiuse! Chiedetele se almeno una volta la macchina di Tania non abbia rischiato di bloccarsi nel far girare gli ingranaggi a vuoto dietro ad una semplice domanda: ce la farò? Sto facendo la cosa giusta?

No, non funziona così, non esistono sport con abilità chiuse. Le variabili in uno sport closed skills restano infinite. Intanto vi sono le imponderabili variabili fisiologiche, legate a stato di forma, infortuni, bioritmi. Sono notevoli anche le considerazioni tecniche e tattiche che ogni atleta deve elaborare per operare delle scelte. Ultimo turno di tuffi di una qualsiasi gara: ho da difendere un cospicuo vantaggio, eseguo un tuffo in tutta sicurezza senza prendermi nessun rischio. Nella situazione opposta avrò una ricaduta su tecnica e tattica di esecuzione del tuffo ed andrò a cercare di stupire la giuria con una esecuzione portata al massimo delle potenzialità.

I fattori ambientali, ancorché prevedibili, possono incidere: trampolino più morbido, fa caldo, fa freddo, il pubblico rumoreggia, è in silenzio…

L’aspetto che avrebbe fatto inorridire Turing nella distinzione tra open e closed skills è quello psicologico. In ogni sport, più o meno consapevolmente, si sviluppa un dialogo interno: i nostri mostri, le nostre capacità di rimanere concentrati, il nostro atteggiamento positivo, la nostra pratica di attivazione, il flow, sono variabili che modificano l’esecuzione di un sollevamento pesi, di un tiro con la carabina, di un tuffo. La macchina di Turing applicata ad uno sport closed skills sarebbe impazzita. Lo sportivo che pratica uno sport closed skills ha bisogno… di aprirlo e andarsi a cercare motivazione e concentrazione in un continuo confronto, creando il fuori se stesso dentro se stesso e poi uscendo fuori e guardandosi risolvere quella semplice domanda. Sto facendo la cosa giusta?

E allora non siamo ipocriti. La distinzione tra sport open e closed skills è buona per superare un esame a scienze motorie o a psicologia, nulla più di questo. Ogni sportivo sa bene che illudersi che esistano situazioni chiuse è poco opportuno, ogni sport, anche quello più scontato è sempre un gioco interno dall’esito imprevedibile e con milioni di variabili. La componente determinante in ogni disciplina resta la capacità di mettere in dialogo la nostra parte proattiva con quella propensa a subire il boicottaggio interno e gli stimoli esterni. Tania sarebbe d’accordo con Turing: se vuoi vincere in uno sport closed skills per prima cosa devi convincerti che non esista uno sport closed skills e aprire la tua mente, trasformandolo in uno sport molto, ma molto open! Qui sta la differenza tra l’uomo e la macchina, rilevata da un’altra invenzione di Turing, il test di Turing. Ma questa è un’altra storia.

Il matematico londinese non ci ha regalato soltanto la libertà storica, ma ha fatto anche qualcosa di importante per la nostra libertà sportiva.

Lascia un commento