Repetita iuvant, ma non sempre e non per tutti.

Correre dieci volte cento metri, divertirsi ad eseguire mille bagher a muro, eseguire cento servizi all’incrocio delle righe di un campo da tennis, sono, nel gergo sportivo, ripetute. Ancora oggi questo tipo di esercitazioni e allenamenti costituisce un valido strumento di lavoro. Qui abbiamo già sviluppato una proposta alternativa alle ripetute nei giochi sportivi, soprattutto in relazione a realtà dilettantistiche con poco tempo a disposizione.

In questo post affrontiamo l’argomento delle ripetute pensando concretamente alla vita di un runner dilettante.

In quasi tutti i programmi di allenamento studiati per questo tipo di atleti troviamo una o più sedute settimanali dedicate a quelli che i podisti chiamano lavori. In genere i lavori non sono altro che ripetizioni su distanze più o meno corte, più o meno impegnative. Ho sottomano proprio un programma di preparazione alla maratona, stilato da un buon preparatore per un podista che ha l’obiettivo di chiudere la distanza di Filippide in 3h30’ (al passo di 5’/km). Un tempo sfidante per un runner dilettante, ma nulla di eccezionale.

Ritengo che per il runner abituale correre una maratona in tre ore e trenta sia un obiettivo fisiologico, non c’è bisogno di uccidersi per raggiungerlo. L’importante è allenarsi bene.

Il programma che mi è stato sottoposto, nel mese intermedio dei tre riservati alla programmazione specifica della maratona, prevede ben quattro sedute con ripetute sugli ottocento metri: 2×10 800m/3’30’’.

Tradotto significa che il mio amico, dopo un buon riscaldamento, deve correre 10 volte gli 800 metri al ritmo di 4’23’’/km. Le serie da correre sono due. Quindi venti volte ottocento metri ad un ritmo molto veloce, rispetto a quello della gara per la quale si prepara. C’è una logica nei numeri e in realtà questo ritmo è esattamente quello richiesto dal test di Yasso per un atleta che vuole correre la maratona in tre ore e trenta.

Tuttavia mi chiedo, perché questo atleta, ormai negli anta, dovrebbe correre venti volte 800 metri a 4’23’’/km quando poi il suo obiettivo è correre 42 km a 5’/km?

Certamente la ripetizione aiuta a migliorare le prestazioni. Non discuto il valore fisiologico di queste sedute. Nel caso specifico qualche settimana di allenamento alla velocità sarà un buon aiuto.

Ma siamo sicuri che, soprattutto per le distanze classiche (10km, mezza e maratona) e soprattutto per un amatore, sia utile sottoporsi ad una o più sedute di ripetute?

Esaminiamo gli argomenti che mi spingono a ricercare alternative.

Il primo è legato essenzialmente alla variabile data dal tempo a disposizione. Pensiamo ai 28 giorni che precedono le tre settimane di avvicinamento alla maratona (queste ultime saranno di scarico e rifinitura).

L’atleta che ha bisogno del riposo e soprattutto vive una sua vita che non gli lascia tempo per allenarsi quattro ore tutti i giorni, indosserà le scarpette da corsa 14/16 volte (4 settimane x 3 allenamenti, più due gare per i 28 giorni). Di queste quattordici uscite almeno 4 o 5 sono destinate dal suo programma alle ripetute. Sottratte le due gare, restano a disposizione 8/9 allenamenti. Tra questi dobbiamo prevedere due lunghi (30 e 35km) e le due successive sedute di scarico. Restano soltanto cinque o sei sedute. Decisamente troppo poche per creare un’abitudine al ritmo che si dovrà tenere in gara.

Il nostro amico correrà molto bene, il suo passo sarà in spinta, agile ad un ritmo largamente alla sua portata, ma non sappiamo se riuscirà ad essere così brillante per i 42,195 metri della maratona. Un allenamento così strutturato non sviluppa nessun processo di adattamento in grado di super compensare fino a raggiungere un passo gara costante per una maratona.

C’è poi l’aspetto mentale. Soprattutto se siamo alle prime esperienze sulla distanza, il runner ha bisogno di creare dei percorsi interiori che gli consentano di essere focalizzato sulla corsa per tre ore e trenta. Ha bisogno di correre il più a lungo possibile ed ha bisogno di farlo divertendosi e mettendosi alla prova. Più corre e più corre in condizioni prossime alla gara e meglio è.

Infine: la struttura muscolo scheletrica di un runner dilettante non potrebbe sopportare, in una fase di carico, ritmi così sparati e distanti dal ritmo gara abituale. Le ripetute sono portatrici sane di infortuni.

Fortunatamente possiamo raggiungere risultati molto vicini a quelli della tabella che mi è capitata sotto mano, costruendo con il giusto stress psico fisico una buona abitudine alla corsa evitando lavori e ripetute nei tre mesi che precedono una maratona.

Partiamo da una convinzione: il vero segreto di un runner amatore è essere abituato a correre le sue distanze al suo ritmo e migliorarsi ad ogni gara entrando in sfida con se stesso.

Per un atleta che vuole correre la maratona a 5’00’’ è un buon allenamento correre in solitaria e senza preoccupazioni 15/20 chilometri a 5’10’’/5’20”. Più volte riesce a fare questo allenamento che chiameremo “medio” e meglio è. Si possono introdurre allenamenti con passo variato (due chilometri un po’ al di sotto del ritmo gara e uno di recupero al 15/20 % più lento). Possiamo poi pianificare allenamenti progressivi (15km partendo da 6’ al km e concludendo a 4’50’’ con gli ultimi due chilometri) che ci lasciano sempre ottime sensazioni e non ci sfiancano, abituandoci anche a concludere la competizione in crescendo e non con la lingua di fuori.

Importante è anche correre in gruppo con atleti più esperti e che possano sollecitarci ad andature allenanti.

La velocità invece potrebbe essere sviluppata in gare più corte: ad esempio un 10km in 48’ nella settimana che precede ciascun lungo.

Soprattutto però è utile sviluppare quel dialogo interiore che ci sarà utilissimo anche durante la gara attraverso sistemi di allenamento come il fartlek, del quale abbiamo parlato qui, allenandoci, se siamo dilettanti, con la consapevolezza di dover affrontare sempre mille imprevisti perché poi la gara non è mai un allenamento ed anche per questo in gara otteniamo tempi migliori.

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