Parlare di segno in un contesto di comunicazione sportiva e di coaching può essere divertente quanto lo era la visione della corazzata Potemkin per il povero Fantozzi.
Niente paura, dopo aver riflettuto sui segnali, bastano pochi minuti di attenzione per comprendere quanto il segno sia centrale nella tua attività sportiva.
Poniamo una semplice tabella. Si tratta del programma di allenamento che un allenatore ha preparato per un runner.
Lun. Riposo
Mart. CL. 12 km + All. 5×100 m
Merc. 5×1000 + rec. 500 m
Giov. 25 km LL + All. 3 x 50
…….
La tabella è composta da segni che significano l’oggetto della comunicazione.
Immaginiamo la scena: un coach consegna la tabella al suo atleta.

Al centro della comunicazione c’è il significato: in questo caso è il lavoro che l’atleta dovrà svolgere. L’efficacia della tabella si gioca tutta sulla relazione tra quello che intende il coach e quello che l’atleta è in grado di decodificare.
Dal momento che il segno è una convenzione che non ha nessuna attinenza evidente con il significato, perché la nostra tabella funzioni è necessario che atleta e coach abbiano un codice comune di comunicazione.
Nel nostro caso dovranno essere chiari i significati di CL (corsa lenta) e di ALL (allunghi). La stessa formula (CL) per un atleta olimpico che prepara i diecimila può significare un’andatura pari a 3’15’’/km, per un allievo sarà (4’15’’/km), per un amatore negli anta stiamo parlando di (5’30’’/Km): è necessario che questi elementi, che non sono presenti nel segno, siano chiarissimi nel codice posseduto dal coach e dall’atleta che riceve la comunicazione.
Con Agostino possiamo ribadire: il segno è uno strumento. Eppure senza un’accurata selezione del segno e del codice la comunicazione non sarebbe efficace e il significato resterebbe oscuro.
Ora poniamoci in un’altra situazione. Il nostro coach è in realtà un professore di educazione fisica. Ha 11 classi che per 25 studenti a classe fanno 275 studenti. Dato che il nostro prof è un tipo che ama il suo lavoro, li segue uno ad uno. Solo che ogni tanto confonde gli studenti tra loro.
Quella tabella era destinata a Mario, il quale sta preparando la maratona, finisce invece nelle mani di Andrea, che da lì a qualche giorno gareggerà sui cento metri.
Prendiamo l’allenamento di martedì:
CL. 12 km + All. 5×100 m
Mario, il maratoneta, avrebbe visto come parte centrale dell’allenamento i suoi dodici chilometri di corsa lenta, gli allunghi per lui sarebbero stati soltanto un momento di scarico e trasformazione del lavoro di fondo.
Ma il foglio, ahimè, è andato nelle mani di Andrea, il centometrista. Per lui i dodici chilometri di corsa lenta sono uno scarico di un precedente lavoro, oppure un lavoro di costruzione aerobica. La sua attenzione sarà concentrata sui cinque scatti in progressione che costituiranno il core del suo impegno di martedì.
Eppure la tabella era la stessa e gli atleti conoscevano entrambi il codice di interpretazione!
Per spiegare questa realtà della comunicazione De Saussure introdusse il concetto di gioco linguistico.
Un segno non ha un significato costante, ma esprime un senso solo all’interno di un gioco.
Il segno si comporta come un cavallo nel gioco degli scacchi. Il cavallo al di fuori di una partita non ci dice molto, sappiamo quali mosse gli sono consentite e la posizione iniziale che deve assumere sulla scacchiera. Ma se un cavallo tiene sotto scacco il re, assume un valore e un ruolo ben diverso da quello di un ipotetico cavallo in un’altra scacchiera, fermo nella sua posizione iniziale, quando il gioco si è sviluppato lontano da lui. Eppure il cavallo è lo stesso.
Manca ora soltanto un’ultima considerazione che ci aiuterà quando nel prossimo post parleremo del simbolo.
Se il nostro coach consegnasse la stessa tabella alla sua collega di matematica quella si ostinerebbe a sviluppare una strana formula: 12km + All 5×100 e magari ne ricaverebbe che il collega, bravo in palestra, è un ignorante in matematica.
La conseguenza di tutto questo è che il significato deve in qualche modo già appartenere all’interprete del segno.
Ancora Agostino ci dice che i segni spazzano via la terra da un bellissimo mosaico che ci era rimasto nascosto.
Più semplicemente: il nostro ragazzo già sa tanto di quello che troverà scritto su quel pezzo di carta e la comunicazione avrà raggiunto il suo scopo soltanto quanto questo tanto già conosciuto sarà emerso nella coscienza del nostro campioncino.
Perché la comunicazione attraverso il segno sia efficace occorre che il segno, il significato, il comunicante e l’interprete siano un circolo che fa riferimento ad un senso comune e intimo. Chi gioca questo gioco gioca nella stessa squadra!

Ricapitolando:
a) Il segno è una convenzione che non ha nessuna attinenza evidente con il significato: non dare per scontato che le tue parole significhino quello che tu intendi, se ascolti non dare per scontato che il tuo significato sia lo stesso di chi comunica;
b) E’ necessario che il comunicante e l’interprete abbiano un codice comune di comunicazione: metti in chiaro le cose prima di comunicare, se invece ascolti interrogati prima sul codice di chi comunica e poi sul significato;
c) Il segno è parte di un gioco nel quale lo stesso segno assume significati diversi in relazione al contesto: prima di parlare o di ascoltare osserva la posizione del cavallo sulla scacchiera;
d) Il segno è efficace se l’interprete già possiede in qualche modo e almeno in parte il significato: nessuna comunicazione potrà essere efficace se chi ascolta non facesse riferimento al significato intimo di quello che è comunicato.
