Il segreto di Fariba / device 3

A che ora torni questa sera?

Perché? chiese secco il Professore.

Fariba sospirò, si avvicinò e lo baciò su una guancia.

Soltanto perché volevo invitare Paola e Massimo a cena. Svelerò loro il mio segreto.

Il professore si lisciò la barba, alzò gli occhi al cielo e chiese di non essere disturbato. Sentiva crescere ansia e nervosismo, non voleva aprire una polemica con la sua compagna. Si alzò, provò una specie di stretching per la schiena che sentiva indolenzita, chiuse a chiave la porta dello studio e cominciò a chattare con il Ministro. Tra un talk show e una catena di selfie l’uomo forte del nuovo Governo trovò il tempo di intimare al Professore di far visita alla Memory makers, azienda a cui teneva particolarmente.

Qualche ora dopo un ultimo sguardo sullo schermo della sua Giulia gli confermò di essere davanti alla destinazione, un palazzone a vetri di almeno dieci piani, sulla via Tuscolana, in prossimità del Raccordo Anulare, dove prima c’era la sede dell’American Express. Un lettore ottico scrutò la targa e il sistema abbassò i piloni d’acciaio che sbarravano l’accesso al parcheggio. Nessuna grande insegna campeggiava sull’edificio, ma un addetto alla sicurezza si adoperò per farlo sistemare sotto al cartello che indicava lo spazio riservato ai dipendenti e agli ospiti della Memory makers e lo accompagnò all’ascensore.

Terzo piano, gli disse l’uomo, senza alcuna cortesia.

Tra poco ti sostituiranno con un androide, ghignò sottovoce il Professore.

Prima di entrare in ascensore individuò in fondo al corridoio il bar aziendale e decise di fregarsene del tipo della security in attesa di essere sostituito da un robot. Ci provasse a fermarlo. Quello infatti non ci provò e lo scortò in silenzio fino alla porta del bar.

Il professore entrò, ordinò un caffè e chiese del bagno. Al ritorno trovò il caffè freddo, ne bevve un sorso e sputò il contenuto nella tazzina. Sapeva di varecchina.

Il barista, barba rossiccia incolta, divisa d’ordinanza nera vintage, allacciata con cinturini di cuoio e fibbie ottonate, era stonato nel bar aziendale della Memory makers. Questo pensò il Professore mentre perentorio ordinava di nuovo il caffè.

Sciacqua bene la tazzina, intimò. E prima spurga l’acqua, aggiunse dopo un attimo.

Il barista non si scompose ed eseguì le operazioni. Quel tipo lavorava con una certa grazia, osservò il Professore. Bevve il caffè e lasciò cinque euro sul banco.

Per la cortesia, disse.

Appena il Professore ebbe voltata la schiena il barista fece un cenno con il pollice alzato all’uomo della security.

Quando finalmente prese l’ascensore l’addetto alla sicurezza tirò un sospiro e se ne tornò sui suoi passi.

Al terzo piano il Professore trovò ad attenderlo un pachiderma in jeans e camicia a quadratoni gialli e verdi. Almeno centoventi chili su due metri. Auspico’ che non fosse nessuno con cui avrebbe poi dovuto parlare, detestava gli uomini trascurati e in precarie condizioni di forma fisica.

Molto, molto piacere, fece il gigante stritolandogli la mano. Sono l’AD della Memory makers, aggiunse opportunamente, dato che l’abito non faceva certo il monaco.

Superarono un disimpegno ed entrarono in una grande stanza: console, tablet, schermi di ultimissima generazione, tenevano impegnate almeno cinquanta persone in un open office illuminato da una luce fredda e bianca. Percorsero un corridoio tra le scrivanie e raggiunsero l’alloggio del Pachiderma, un bell’ufficio protetto da uno specchio a senso unico, come quello utilizzato negli interrogatori di polizia.

L’AD si spiaggiò dietro la scrivania. Fece cenno al Professore indicando una poltroncina. Tra loro c’era una città informatica: due schermi, un tablet, un laptop collegato ad una telecamera e numerosi gadget stabilivano le distanze tra i rispettivi quartieri.

Abbiamo un interesse comune, fece il tipo.

Immagino, disse il professore, altrimenti il Ministro non mi avrebbe fatto venire qui.

Già, ma parlo di un interesse comune tra noi due. Lei conosce bene la nostra azianda, fece l’Ad… perché ci ha escluso dal progetto di finanziamento sulla blockchain…nonostante l’amicizia di cui ci onora il Ministro.

Il Professore fece per alzarsi, infastidito. No, la prego, lo esortò il Pachiderma. Ormai è andata, anzi, lasciandoci fuori ci ha fatto un regalo del quale le siamo grati e l’ho chiamata anche per dimostrarle la mia gratitudine, ad majora, direi….

Si infilò le mani nei capelli unti, si inarco’ sulla poltroncima di pelle e riprese: vede, noi siamo i numero uno al mondo, nel nostro genere.

Non avete alcuna esperienza sulle blockchain, ribattè il professore quasi divertito.

Per un verso ha ragione. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio: noi siamo esattamente l’altra faccia della blockchain. Come definite questa cosa che state facendo? Ah, sì, disse il Pachiderma leggendo sul tablet, registro transnazionale sicuro, condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una data rete distribuita di computer.

Sì, così l’ho definita nella relazione per il Ministro, fece il professore. In realtà mi piace di più quest’altra: un puzzle del quale infiniti nodi posseggono le tessere.

Contento lei, disse l’AD alzando gli occhi al cielo: per me si tratta semplicemente di miliardi di dati su ciascun cittadino che voi volete mettere al sicuro e in qualche modo controllare.

Questo è l’esito, puntualizzò il professore pulendosi le lenti degli occhiali. E’ il futuro delle nostre vite. Un chip che racchiude tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno. L’altra faccia, come dice lei, è che qualcuno controlla tutte queste informazioni. Chi non ha niente da nascondere non può che esserne felice.

Già, chi non ha niente da nascondere…vede, professore lei oggi mette un mi piace su un post di un tale che però aveva messo un mi piace su un post politico non proprio favorevole al Governo, commenta con toni entusiastici il post di un tizio che parlava della sua squadra del cuore ma è un attivista politico avverso al Ministro con cui ha chattato poco fa…viene qui e un lettore legge la sua targa, va al bar e una telecamera legge i suoi dati antropometrici, fraternizza con il barista che è un hacker a tempo perso e gli lascia cinque euro per un caffè….

Domani, con poche centinaia di incroci, il Mostro che lavora per il Ministro fa due più due e costruisce un suo profilo… sfavorevole. Magari ci aggiunge la foto del suo compagno di scuola che ha appena ironizzato su un post scritto dall’ Ufficio Stampa del Ministro e che questa sera starà a cena a casa sua… le sue precedenti iscrizioni ad associazioni non proprio filo governative, i sospetti su qualche curriculum non proprio trasparente e lei si trova con il culo per terra. Mi perdoni l’espressione.

Eviterò i mi piace e sarò più misurato nelle mance, fece sarcastico il professore. Cosa c’entra tutto questo con la vostra inidoneità A C C L A R A T A ad essere un nodo della blockchain?

Abbia pazienza un attimo, fece il Pachiderma, le ho detto che noi siamo il rovescio della medaglia e le ho detto anche che abbiamo un interesse comune.

Come si chiama la sua compagna iraniana? Fariba, mi pare….

Ma come si permette??? Sbotto’ il professore facendo cenno ancora una volta di voler chiudere la conversazione.

Beh, Fariba ha un segreto. Durante il giorno svolge molte attività…gustose. No, guardi: noi non giudichiamo. Per noi ogni attività lascia semplicemente una traccia che si moltiplica in maniera esponenziale. In questa chiavetta troverà tutto quello di cui ha bisogno per capire che il suo rapporto con il Governo è appeso a miliardi di dati.

Nelle mani del Pachiderma comparve una chiavetta usb nascosta nella riproduzione in plastica di Paperino. Il Pachiderma si sporse verso il professore e fece per consegnargliela.

Il Professore non si mosse.

Il Pachidermapoggiò il Paperino sul bordo della scrivania, davanti agli occhi del professore.

Starà a lei decidere se accettare questo piccolo segno di amicizia, disse l’Ad.

Il Professore si sistemò il nodo della cravatta e si sollevò dalla posizione stravaccata che aveva dato sollievo alla sua schiena. Appena si mosse fu colpito da una fitta. Per un attimo ebbe la vista offuscata. Il sapore del caffè alla varecchina gli impastava la bocca.

Vede Professore, continuò il l’AD della Memory makers, oggi tutti lavorano sul futuro, noi costruiamo il passato. Per far questo bisogna che i nostri esperti mettano a lavoro i nostri algoritmi. Lei vuole un passato filo governativo?

Ce l’ho, disse il Professore.

Non propriamente, sentenziò l’AD della Memory makers. Inforcò gli occhiali da presbite, prese il tablet che si perse nelle sue manone e cominciò a toccare lo schermo con sorprendente agilità.

Ah, sì, ecco Professore. Per rendere compatibile il suo profilo con gli standard del Mostro abbiamo avuto bisogno di ritoccare qualcosa come trenta milioni di items…t r e n t a m i l i o n i!

Nel mio caso è impossibile che ci sia così tanta roba…

Professore, intimò con le mani giunte il Pachiderma, eppure lei è un esperto del settore.

Io sono un filosofo, protestò il professore.

Lei è un logico, esattamente. Le ho già dimostrato che noi seguiamo la sua scia elettronica. Senza di noi la rete sarebbe invasa da milioni di tracce della sua attività anti governativa. Scaricare tutto questo ben di Dio è un lavoraccio. Come abbiamo compresso tre milioni di items possiamo farli esplodere e crescere in maniera esponenziale…. In un attimo … puuuffff …. il passato del Professore sarebbe incompatibile con il suo incarico.

È questa la vostra attività ? Chiese sarcastico il professore.

Non solo questo, disse l’AD.

Dobbiamo eludere i controlli del Mostro e siamo tanto bravi che ne posso parlare apertamente con lei.

Perché? chiese il professore.

Vede professore, dovrebbe esserci già arrivato.

Oggi non sono in forma, si scuso’ il Professore.

Se voi estendete il progetto di Blockchain a tutti i più minimi dettagli della nostra esistenza digitale… noi chiudiamo. Il passato sarà per sempre quello che è stato, non possiamo più tenerlo in vita.

Lo spero, disse il Professore sentendosi incoraggiato dalla disperata prospettiva che attendeva il Pachiderma.

Uhmmm, sa bene che lei sarebbe il primo a rimetterci, disse l’AD sovrappeso.

Mi sta ricattando?

No, professore, al contrario. Le sto offrendo un’opportunità. La Blockchain è una catena di custodi. Ognuno ha una chiave, una delle infinite chiavi che tutte insieme custodiscono il forziere. Ma le ho detto che noi siamo i numeri uno, abbiamo soltanto bisogno di…ma la prego professore, davvero non conosce il segreto di Fariba? L’Ad indicò con gli occhi il Paperino USB.

Il Professore si sporse ancora un po’ dalla poltroncina in finta pelle, afferrò il Paperino e se lo mise in tasca. Lo farò con mio comodo, disse.

Benissimo, commentò il Pachiderma, non posso chiedere di più. Alzò il polso e avvicinò il suo rolex al volto, unto e sudato. Professore, tra quindici minuti il Ministro spingerà un bottone. Quel bottone, lei sa bene, che bloccherà per sempre il passato nella sua triste catena. A me bastano un paio d’ore.

Lei è pazzo! Disse il professore ridendo apertamente.

Non credo Professore. Nella chiavetta che lei ha in tasca c’è la prova che non lo sono. Noi sappiamo che lei è autorizzato, perché lei è il Mostro in persona.

Il Pachiderma fissò il Professore aspettandosi una qualche reazione. Che ci fu. Il Professore strizzo’ l’occhio.

Naturalmente, Professore, nessuno, tranne noi e il Ministro, sa che lei, ha già pronto un sofisticato sistema per rubare tutti i dati della blockchain europea. Lei domani avrà a disposizione i segreti, i conti correnti, le abitudini, gli orientamenti politici, sessuali, alimentari di ognuno dei cittadini europei, ma potrà solo analizzarli, utilizzarli per i comodi del Ministro. Quei dati non potranno più cambiare. Non le pare triste?

Se anche fosse?

Beh, tolga il se. Le ho detto che siamo i migliori. Non lavoriamo certo sulla sua scala di grandezza, ma noi possiamo far esplodere in pochi secondi i suoi tre milioni di item. In più abbiamo il segreto di Fariba.

Il Professore si guardò le scarpe. Si sorprese a prendere coscienza che la sua mano destra si era infilata nella tasca della giacca di gabardine e aveva stretto forte il Paperino di plastica.

Cosa vuole? Chiese al Pachiderma.

Una finestra, disse l’AD con la camicia a fiori.

Una finestra?

Un patto, noi sistemiamo i suoi segreti per sempre e lei ci dà l’opportunità di creare una storia importante per un nostro cliente, l’ultimo. Un tipo disposto a pagare più di quanto la nostra azienda potrebbe guadagnare in un decennio. Qualche decina di migliaia di euro cadrà sul suo conto corrente. Avete normalizzato i vostri stipendi e state sempre al verde, non è vero? Una volta dentro esplodiamo qualche milione di dati e poi lei e il Ministro potete mettere per sempre in cassaforte tutti i nostri segreti. Le chiediamo soltanto di poggiare un chicco di riso su una casella della scacchiera, in cambio ne poggeremo due sulla sua casella personale.

Due ore, da adesso. Tutti gli uomini là fuori sono pronti ad avviare i data base che si lavoreranno i dati della blockchain, sappiamo che l’intervallo della routine di blocco degli accrediti è di due ore. Tra due ore lei torna a casa e ci butta fuori. I suoi tre milioni di items sono al sicuro, Fariba dormirà tranquilla e noi avremo sistemato il nostro cliente. Il Mostro continuerà a lavorare per il Ministro e tutti vivremo felici.

Il Professore si guardò le scarpe, strinse più forte il Paperino di plastica, fece un cenno con la testa e si mise a lavoro al posto del Pachiderma.

Fariba era elegantissima e gli corse incontro con un tono di rimprovero. Dal terrazzo dell’attico su Piazza di Spagna si sentivano allegre le voci di Massimo e Paola. La centrifuga di carote e mele, come ogni sera, prima di ogni cena, lo attendeva al suo posto.

E’ stata una giornata dura, riuscì a dire ai suoi vecchi compagni di scuola. Bevve d’un sorso la centrifuga e corse nello studio. Sbloccò lo schermo del PC in dotazione del Mostro, introdusse la chiavetta, la scannerizzò con l’ultimo antivirus e aprì il file manager. Il Paperino conteneva un unico file, Fariba.doc.

Gentile Professore, le racconterò una storia per spiegarle cosa abbiamo fatto con la blockchain che avete appena messo al sicuro. Il gioco degli scacchi fu escogitato in India e da qui giunse in Persia. Un bel giorno l’ambasciatore persiano in Egitto mostrò al Faraone questo diabolico passatempo. La rete di relazione tra i pezzi della scacchiera affascinò a tal punto il Faraone che si sentì di dimostrare all’ospite tutta la sua gratitudine. Fece una solenne promessa: esaudire un desiderio, qualsiasi desiderio, dell’ambasciatore. Il funzionario persiano chiese grano per il suo paese: un chicco sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, otto sulla quarta… fino alla sessantaquattresima casella.

Il Faraone fece spallucce di fronte ad una richiesta così ridicola e ordinò al suo staff di provvedere immediatamente. Dal momento che era un tipo preciso chiese un conteggio preciso del grano da consegnare ai persiani. Non si sarebbe accontentato di congedare il tipo con un sacchetto a forfait. I funzionari del Faraone trascorsero oltre una settimana a fare i conti. Tutto quel grano non era nella disponibilità dell’intero Egitto. Così andarono a corte e dichiararono: “Per pagare l’ambasciatore non solo non è sufficiente il grano che abbiamo nei nostri magazzini,ma non lo è neppure quello del mondo intero, e non lo sarebbero nemmeno i raccolti dell’intero mondo nei prossimi dieci anni!”

Il risultato delle operazioni parlava chiaro= 18.446.744.073.709.551.615.

Lei ha messo il suo chicco di grano sulla casella bianca a destra e noi i nostri due sulla seconda, quella nera. Il resto lo ha fatto la catena. L’umanità oggi ha una nuova storia. Buona cena.

Amore, non ti metti a tavola? Sussurò Fariba sulla porta dello studio, mentre si apprestava a servire il risotto persiano del quale non aveva mai svelato la ricetta a nessuno, il suo unico segreto.

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