La felpa sporca della sera prima / device 6

Flavio mangia in silenzio. Alle sette non ha fame. Al pizzaiolo egiziano non va di preparare il forno a legna così presto. L’egiziano, il cuoco, il principale e Flavio finiscono per mangiare qualche fetta di prosciutto, un pezzo di pane, un paio di carciofini sott’olio. I carciofini sono diventati neri, ma li mangia il padrone, li mangiano tutti. Il padrone la prende bene e allora apre la mozzarella fresca di Mondragone. Ad ogni boccone l’egiziano si gira e butta un ciocco nel forno. Nessuno parla. Ognuno ha i suoi pensieri.

Prima non era così, i camerieri venivano e lavoravano. Se avevano fame qualcosa la mangiavano tra un servizio e l’altro. Alle due di notte, prima di chiudere, si mangiava quello che era rimasto. Poi è cambiata gestione. Un cartello fuori lo dice chiaro. Adesso il padrone è Gianni, un ragazzo che viene dalla Ciociaria con la mania della qualità del servizio. Alto, grande e grosso, parla con l’idea di essere il più prepotente, non gli basta essere il padrone.

Tu quando lavori non tocchi cibo, ha detto a Flavio la prima sera della nuova gestione. E nemmeno la birra. Alle sette è pronto per voi, alle sette e trenta prendi servizio.

Avrebbe potuto dire che metteva a disposizione la cena per il personale, ha pensato Flavio. Ma non sarebbe stato lo stesso. Gianni comanda con il bastone, gli piace così. Antonio, il ragazzo di Napoli che aveva presentato Flavio al vecchio proprietario, se ne è andato. Con questo non ci lavoro, ha detto. Non è stato sostituito e a Flavio tocca lavorare per due.

Ora Antonio fa il videomaker. Ci prova. Flavio prova a cantare. Lavorano insieme, quando Flavio non è in pizzeria. Domattina devono girare e montare il video. Antonio ha avuto in prestito la Sony professionale, ma all’ora di pranzo la deve restituire. Flavio ha in testa solo quello. Il video che deve girare sabato mattina. Canta, aggiunge e toglie frasi, prova il motivo. Lo fa perché è andato in loop, ma anche perché deve lavorare in pizzeria e non ha altro modo per non dimenticare le parole che gli girano in testa.

La felpa sporca della sera prima ce l’ha addosso, ma anche in testa. Però è meglio che la indossi lei, è un’immagine che funziona. L’ha già messa in musica, la ripete mentre lavora. La cantilena rap va e poi se la immagina davvero, domani , sabato mattina, con la felpa sporca della sera prima a guardarlo mentre gira il video.

Una ragazza entra con un ragazzo più giovane e chiedono un tavolo. Gianni fa cenno e Flavio corre. E’ venerdì, dice la ragazza, chiudiamo la settimana in bellezza. Avrà un trentina d’anni, si butta sulla sedia come se ne avesse vissuti il doppio. Il ragazzo ha la faccia piena di crateri, è molto più giovane. Gli occhi spenti. Pioveranno venerdì per te. Così pensa Flavio mentre guarda quello sguardo pallido. Pioveranno venerdì è una bella immagine.

Triste, cazzo se è triste!

Ma funziona.

Prova a immaginare una relazione in cui prima piovono lunedì e poi venerdì. La scrolla, come fosse un profilo facebook o instagram. La sequenza funziona ancora meglio quando ci mette la musica.

Scrolla anche la sua vita. Una serie di immagini dei venerdì che piovono. Cazzo quanto piove. Ma dai, Flavio, cammina, hai ventidue anni e già stai alle immagini del venerdì. Crolla sulla sedia in attesa che l’egiziano faccia il suo lavoro e intanto, muto, canta.

Tristezza e ispirazione sono la stessa cosa, si dice Flavio, ma questo non lo canterà, se lo tiene per se, o per la prima intervista. Quando sarà un cantante qualcosa dovrà pur dire. Questa cosa che scrive quando è triste è una cosa da tenersi per il momento giusto. Funziona. E’ anche vera.

Corre in bagno, si chiude, tira fuori il suo telefonino e scrive: la felpa sporca della sera prima, pioveranno venerdì, cerca l’emoticon con la faccina che pensa guardando in alto e invia tutto a lei.

La felpa sporca della sera prima. Pioveranno venerdì. Continua a cantare dentro la sua testa. Esce dal bagno con il telefonino in mano. Il principale lo aspetta fuori. In bagno si va per pisciare! gli dice e si tira giù la patta mentre entra nel cesso. Flavio abbassa lo sguardo e corre verso l’unico tavolo occupato. Siete pronti per ordinare? Istintivamente si è rivolto alla ragazza. È lei che conta ed è lei che ordina per tutti e due. Io mi mangio un capricciosa e te una Napoli?, chiede al ragazzo. Da quando sono entrati non si sono scambiati un sorriso. Sono tristi, dovrebbero scrivere canzoni.

Passa la comanda all’egiziano ed entra in bagno.

Voglio quella te che rideva, le scrive. Voglio quella te del 2003. Mette il punto esclamativo con il cuoricino. Tira lo sciacquone e apre il rubinetto. Fuori lo aspetta il principale. Stavo pisciando, gli dice mentre si tira su la patta e intanto, muto, canta.

Il lunedì la pizzeria è chiusa. Lei indossa una felpa gialla dell’Adidas. Immacolata. Da quando ha sentito Flavio cantare quella strofa che dice la felpa sporca della sera prima ha deciso di cambiarsi tutti i giorni. Antonio scorre il video, lo ferma, lo cuce, lo ottimizza, aggiusta il colore, abbassa la luce. Torna indietro, guarda e riparte. Hanno lavorato tutto il giorno. Il giorno va dalle sei di pomeriggio ad adesso che sono le due di notte.

Ce l’ho, guaglio’! Annuncia Antonio battendosi il cuore. Sembra Maradona sotto la curva.

Lo mandano in giro. Lei ha selezionato una ventina di persone. Gente da indie, ma non amici. Si arrotolano una sigaretta. Lei ha le dita veloci, pensa anche al fumo di Flavio. Escono sul balcone, perché la mamma non vuole saperne di farli fumare dentro casa. Anche se la signora Lucia dorme da un po’ è abitudine uscire sul balcone per fumare. E poi hanno gli occhi stanchi e vogliono un po’ d’aria. Whatsapp comincia a far vibrare i telefoni.

Grande!

Forte … segue emoji bicipite…

Spacca!

Aho, ma sei tu? Daje!

Lei si stringe intorno al braccio di Flavio. Lui scuote la testa e butta in strada la cicca ancora accesa.

Siamo sicuri? Chiede lui.

Sono quasi degli sconosciuti, dice lei, se è piaciuto a loro ci sta.

Aspettiamo, dice lui. Lei soffia in aria e il suo ciuffo arancione svolazza nel fumo della sigaretta.

Antonio allarga le braccia. Il canale di youtube è pronto. Quando decidi fammi un fischio. Si tira su il cappuccio della felpa nera e si gira di spalle. I suoi occhi azzurri sono gonfi e i gesti bruschi, scostanti.

Che c’è? Fa Flavio.

La musica, le parole, la voce, sono tue. Tutto il resto è mio. Magari potremmo parlarne. E comunque p re g o!

Lei alza gli occhi al cielo scuro del terzo piano di una casa popolare del Tiburtino. Antonio non le piace.

Ho detto solo di aspettare, dice Flavio, e dà una pacca sulla spalla di Antonio. Ma se vuoi caricalo.

Aspettiamo, dice lei. Tanto domani c’è da lavorare in pizzeria. Ecco, aspetta che piovano venerdì! Entra e si infila nel lettino di Flavio. Antonio canticchia je te voglio bene assaje e se ne va. È un arrangiamento tutto suo, suona bene. Un po’ neomelodico, ma suona bene.

Lei si raggomitola sotto le coperte e non risponde.

Si girano nel letto, si abbracciano, si addormentano e si risvegliano. Il letto è stretto per due persone e i pensieri sono tanti. Il telefono di Flavio è in carica, quello di lei è spento. Fanno l’amore quando il sole pallido si affaccia sul cielo della Tiburtina. Arriva l’aroma del Segafredo che borbotta nella Moka di mamma Lucia. Flavio si alza, lei dorme.

Recupera il Samsung usato che ha comprato con i soldi della pizzeria. Ai ragazzi nessuno fa credito.

Apre il canale youtube. Il video è lì. Lo ha caricato Antonio, di testa sua. Beve il caffè e dà un bacio a mamma Lucia. Ottocentodieci visualizzazioni, trecentoventi pollici alzati, centodieci iscrizioni al canale. Sono tanti. Il video ha girato di notte. Mentre guarda si alzano altri pollici.

La sveglia e le mostra lo schermo.

Meglio così, fa lei. Io non avevo sogni, tu non avevi soldi.

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