Trecento euro di Limousine dalle Scuderie del Quirinale ai Musei Vaticani. Tu devi essere pazzo, disse la giovane donna ridacchiando.
Sono anni che voglio vivere con te un pomeriggio come questo.
Ma se sono anni che non ci vediamo?, disse lei che intanto era diventata tutta rossa.
Sì, sono due anni e mezzo che non ci vediamo. Esattamente dal giorno in cui mi hai chiesto di vivere con te e io non avevo i soldi neanche per pagare la mia parte di affitto.
Non riapriamo questo discorso. E’ un capitolo chiuso. Non ti ho chiesto nulla.
Ma sì, cara. Scusa. Godiamoci questo pomeriggio. Lascia che ti racconti cosa ho fatto in questi due anni.
Direi che ne hai di cose da dire. Fece lei, mentre li facevano entrare da un ingresso riservato nel percorso delle Stanze di Raffaello.
Lui lasciò cinquanta euro al custode e gli fece cenno di andarsene.
Prego, Signori. Disse quello. Si mise i soldi in tasca, ma li seguiva da lontano.
Sì, cara. C’è stata questa cosa demenziale del talent tra aspiranti cuochi. Come sai bene, lui, il mio socio, guarda, neanche voglio nominarlo, partecipa alla selezione. Insomma, gli dico, il ristorante sta andando fallito e tu te ne vai a fare lo scemo in TV. Tanto non mi prendono dice lui. Certo, con quei piatti che cucinava anche io credevo che non lo avrebbero preso. Come sai bene, invece, lo prendono. Credo che il suo carattere di toscano sempre contro tutti lo abbia aiutato. Sì, perché quel talent è uno show. La cucina viene dopo. Poi, sai, non è che i piatti li improvvisano come sembra. Vanno a scuola tutta la settimana e poi registrano la puntata. Allora lui va lì, passa il turno per quattro o cinque puntate. Si fa la sua pubblicità litigando con quel cuoco grasso, napoletano. Vabbè, non mi ricordo mai il nome. Pensa che è venuto anche a mangiare da me. Arriva in semifinale, sempre per il suo carattere ribelle. Almeno credo. E poi sul più bello lo fanno fuori.
Lo abbiamo visto tutti. Dice lei, che ormai era un po’ stanca di tutto quel camminare da una mostra ad un museo.
Oh, guarda. Fece lui. La Scuola di Atene. Platone con il Timeo. Che libro assurdo! C’è tutto lì dentro, eppure pare una storiella. Lo devi leggere dieci volte per capire quanto è profondo. E’ il più vicino alle dottrine non scritte, per questo oggi non ci raccapezziamo molto con il Timeo.
Allora? Dice lei, che voleva farla finita.
Allora. Le puntate vanno in onda dopo mesi. Però si era sparsa la voce che quello aveva partecipato. Ti obbligano ad un contratto e te lo devi tenere per te come è finita la gara. Non puoi andare a dire in giro, ho vinto, mi hanno fatto fuori alla seconda puntata o cose del genere. Intanto iniziano le trasmissioni e la gente comincia a venire al ristorante. Ma come è andata alla fine? Chiedevano tutti. E lui con quel sorrisetto ebete, come a dire: vedrete, vedrete che ho combinato! Anche il lunedì, che prima il lunedì al massimo riciclavamo qualche avanzo della domenica, cominciavamo ad avere tutto esaurito e lui in cucina se la comandava.
Bene, no? Dico, ci hai guadagnato anche tu…
Altro che. Devo ammetterlo. Era un altro. Menù gourmet, abbinamenti perfetti, gran carta dei vini. La gente pagava tre volte quello che meritavamo e alla fine tutti volevano un selfie con lui. Era compreso nel prezzo esagerato. Io imparavo, copiavo. Andavo a scuola. Cominciammo ad avere i primi screzi. Non è che se la comandasse, era diventato un despota.
Quello che indica la terra con la mano aperta è Aristotele? Chiese lei. Sì.
La vedi quella figura in primo piano?
Chi è?
Michelangelo. In realtà sarebbe Eraclito. Però Raffaello lo aggiunse dopo. Nel cartone di studio per questa stanza Eraclito non c’era. Un omaggio a Michelangelo che intanto aveva cominciato a scoprire la Cappella Sistina.
Ma non si odiavano?
Mah. Chi lo sa? Si odiavano e si amavano. Raffaello rispettava Michelangelo. L’altro non so. Pensa che una volta Michelangelo entrò travestito da fornitore a Villa Farnesina, mentre Raffaello stava affrescando le stanze. Non proprio mentre. Entrò in una pausa. Quello aveva a che fare con Galatea, Amore e Psiche… ogni tanto doveva pur prendere fiato. Michelangelo si infila di nascosto. Guarda l’affresco, poi prende un pezzo di carbone e disegna una grossa testa sul muro. Raffaello per rispetto vietò ai suoi collaboratori di ripulire quell’affronto. Ma guarda, cara, guarda la postura di Michelangelo, beh, di Eraclito. Sembra dipinta da Michelangelo stesso. Quello studio delle torsioni, quel dinamismo. Vieni cara. Andiamo avanti.
Quindi? Incalzò lei.
Beh successe il fatto. Una sera venne un critico, di quelli importanti. Non a sorpresa come fanno quelli della Michelin. Venne per scroccare una cena e farsi pubblicità. Cominciò a commentare questo, a fare i complimenti su quello, a criticare quell’altro. Lo sai che carattere ha lui. Lo mandò a quel paese, gli versò il vino in testa e gli sparecchiò il tavolo. Nel senso che tirò via la tovaglia con tutte le pietanze sopra. Un bordello.
Ricordoooo, ricordo, disse lei annoiata.
Beh. Litigammo anche noi. Insomma, dico io. Non si tratta così un critico con quel nome. Ma non era per quello. Ormai eravamo in conflitto su tutto. Per fartela breve lui si prese il ristorante e io ottengo un bel po’ di soldi per togliermi dai piedi. Come sai ne ho aperto uno proprio a venti metri dal suo. Ho cominciato a cucinare come avevo imparato da lui. All’inizio venivano soltanto i clienti che non trovavano posto nel ristorante stellato, perché intanto una stella l’aveva ottenuta. Poi si sparse la voce.
I piatti erano un po’ meno ricercati, porzioni più abbondanti e prezzi più contenuti.
Poi ho cominciato a essere un po’ più classico, a rivisitare i piatti del passato. Neanche troppo, neanche troppo rivisitati dico. Seguivo una strada mia, più tradizionale. Insomma: se uno mi chiede pappardelle al ragù le faccio come nonna, cerco di farle meglio, perfette. Ma non ci vado a mettere dentro spezie orientali. Le servo in un piatto fondo, non metto tre fili intrecciati in un piatto piano.
Tutto qui?
Tutto qui. Anche la carta dei vini. Con un arrosto non metto un Biondi Santi da centocinquanta euro. Fanno un ottimo vino anche in Umbria, un Sagrantino o un Torgiano, persino a Velletri c’è un gran rosso. Te lo faccio pagare cinque volte meno e ci guadagno venti euro a bottiglia.
E’ così che sei diventato ricco e famoso?
Non credo che sia solo merito della mia cucina. Sì, la rivalità mi ha aiutato. Ha aiutato anche lui. La gente ha bisogno di Coppi e Bartali, di Mazzola e Rivera. E’ fatta così. Ah ecco. Volevo farti vedere questa cosa. Vieni cara. Lo ha mai visto? No? E’ l’incendio di Borgo. Guardalo bene. Secondo te chi è l’autore?
Raffaello. Sono le sue stanze. Che domande, mi fai?
Scusa, è che mi sento un po’ di febbre. Volevo dire, guarda bene. Guarda lì, Enea che porta Anchise sulle spalle. Beh, non sono proprio Enea ed Anchise, ma è una citazione. La nuova Roma che nasce dall’incendio. Guarda lo sguardo e il corpo di quell’uomo che si cala dal muro. Guarda quel gruppo di personaggi che fanno una catena con l’acqua, le loro espressioni. Raffaello passa alla storia per un classicista. In quel gruppo, proprio in quel gruppo, tutti i corpi esprimono un dinamismo …
Michelangiolesco, fece lei.
Ecco. E C C O, urla lui. Hai capito perché lui mi dà del copione? Io non lo copio affatto. Io sono innamorato della sua cucina. Ogni tanto mi esce fuori qualcosa dei suoi piatti, perché veramente penso che sia un grande. Non è colpa mia se vedo un piatto che fa lui e mi viene in mente che non si può fare in un modo diverso!
Ok, calmati. Fece la ragazza afferrandogli il braccio che volteggiava nella stanza di Raffaello.
Guarda, guarda, disse lo chef per niente rassicurato. Guarda, lo so che vi vedete. Non mi interessa sapere se siete amanti. Non è più affare mio. Ma lui mi ha portato via tutto! T U T T O! Capisci? Tutto, anche l’arte. E’ sempre un attimo avanti a me.
Ma lo sai che è gay! Disse lei tentando di tenere basso il tono di voce. Ma si vedeva che era abbastanza irritata. La fronte le sudava per l’imbarazzo. Una ragazza timida come lei in quella situazione.
Aha, aha, lo conosco troppo bene. Per farmi un dispetto si metterebbe con una donna. Poi non è proprio gay. Insomma, sono affari suoi.
Ah, grazie. Disse lei. Si metterebbe con me per farti un dispetto?
SSSSSSSHHHH, fece il custode.
Tu sei M A T T O, disse lei toccandosi la tempia con l’indice.
B A S T A ! urlò il custode avvinandosi.
Un gruppo di giapponesi cominciò a fare foto e filmini ai due tipi che si urlavano addosso. D’accordo, lei non urlava, ma ribatteva colpo su colpo. A voce bassa, imbarazzata. Ma ribatteva.
Lui si mise seduto. Per terra. Si accasciò. Lui è più bravo, ripeteva con un filo di voce. Svenne.
Il custode corse. Cos’ha? Chiese allarmato. Signore, signore gli urlò mentre lo schiaffeggiava delicatamente. Cosa ha? Disse alla fornarina che era in ginocchio e piangeva.
Non lo so. Disse lei piangendo. Ha soltanto trentasette anni.
Le Scuderie del Quirinale hanno messo a disposizione questo bel documentario, tratto dal docufilm di Sky:
https://www.scuderiequirinale.it/pagine/il-video-in-mostra-con-sky-arte
In rete si trova questa visita all’esposizione allestita dalle Scuderie per i cinquecento anni dalla morte di Raffaello, che lo colse nel suo trentasettesimo anno di età:
