
Picasso, Klimt, espressionisti, impressionisti, dadaisti, cubisti…
Per le loro raffinate, rivoluzionarie operazioni culturali hanno dovuto violare l’arte classica, piegandole alle loro esigenze rappresentative. Michelangelo Buonarroti ha utilizzato l’arte classica, se ne è appropriato, l’ha contorta e gli ha dato un’espressione. Ha aperto le porte della rivoluzione Rinascimentale all’umanesimo alla modernità, oppure l’ha riportato alle origini.
Michelangelo Merisi da Caravaggio parte con un fardello sulle spalle. Anche lui si chiama Michelangelo, scherzi del destino. Non può inventare niente di più. Non avrebbe potuto inventare niente di più se non fosse stato un genio, pazzo e sregolato, secondo la più classica delle definizioni di genio, una definizione che però non rende giustizia al talento e al lavoro di ogni genio.
Caravaggio porta a compimento tutto il patrimonio artistico di cui dispone, quel fardello ricapitolato da Michelangelo Buonarroti e lo utilizza per la più importante e definitiva operazione culturale, religiosa, politica conosciuta nella storia dell’arte.
Il punto di radicale sconvolgimento di quanto è stato fatto prima di lui lo troviamo nella trasformazione ad opera di Caravaggio dei luoghi comuni, del politicamente corretto nelle tele che vanno in Chiesa. Non dimentichiamolo: questi artisti dipingono, affrescano, scolpiscono per opere che sono collocate quasi sempre in una Chiesa, non nei musei.
La storia è questa: siamo a Roma, all’inizio XVII secolo. Una famiglia di facoltosi signori, Cavalletti, marchesi Cavalletti, commissiona al pittore un quadro per onorare la memoria di un ricco parente in una chiesa storica, Sant’Agostino, a un attimo da Piazza Navona. Ora, sappiamo che questo quadro debba andare a costituire un oggetto di culto e preghiera e il tema debba essere la Madonna di Loreto. Insomma, questo dicono le fonti. Sì, perché questo parente che va onorato ha acquistato la Cappella dai frati di Sant’Agostino proprio di ritorno da un viaggio a Loreto. Ne fu segnato dal viaggio e dalla devozione per la Madonna di Loreto. Ne fu tanto segnato che quando il congiunto viene a mancare i parenti pensano: sarebbe bello ricordarlo in una cappella dedicata alla Madonna di Loreto che gli ha fatto così tanto impressione.
All’epoca non si conosceva il fact checking, neanche adesso è troppo di moda, ma sulla Madonna di Loreto qualcuno forse ha esagerato.
Nel 1291 Nazareth è sotto il dominio dei Mamelucchi d’Egitto. Alcuni angeli pensano bene di sottrarre la Santa casa agli infedeli e la portarono in volo a Tersatto, un sobborgo della città di Fiume. Abbiamo anche una data: il 10 maggio 1291. Di notte, pare. Ma anche lì, la casa dove crebbe Gesù è in balia di malfattori. Allora gli Angeli la spostano ancora, prima ad Ancona e poi nella sua attuale collocazione, a Loreto. Se c’è una tradizione cristiana un po’ fuori dai canoni del senso comune questa è la storia della Casa di Nazareth. Non ce li vedo gli angeli a fare i corrieri Amazon con la casa di Nazareth sulle spalle. Ma potrebbe anche darsi che sia andata così.
Fatto sta che arrivano questi nobili e chiedono a Caravaggio di fare un quadro su questa storia. Si aspettano un bel quadro, perché lo pagano caro. Caravaggio era un noto pittore, ma fu raccomandato da un parente di un parente di un amico di uno che era frate nella Chiesa di Sant’Agostino. Ma questa è un’altra storia.
Ora, Caravaggio vive una storia tutta sua. Ha un’amante. Forse neanche si può dire amante, nel senso esclusivo del termine. Caravaggio, come forse altri uomini di Roma centro, passa ore con una tal Lena, ben nota nel quartiere, proprio perché è una donna del quartiere. Questa Lena di mestiere non fa esattamente la modella per i quadri del Caravaggio. Il fatto è che questa signora è concubina di un notaio, Mario Pasqualone da Accumuli. Questo Mario Pasqualone deve aver fatto la voce grossa con Lena: come, io ti mantengo e tu ancora te la spassi con quel capellone? Di quei tempi non si andava per il sottile:
il notaio picchia la donna, la sfregia. Questa cosa non piace per niente al buon Michelangelo Merisi. Ne nasce una rissa, a Via del Corso. Roba da coltello e accetta.
Caravaggio è giovane e forte. Ha la meglio, colpendo proprio di accetta.
Sarà stato anche un bravo artista, sarà stato un parente di un amico di uno che stava a Sant’Agostino, ma quell’altro era un notaio, se la canta e costringe Caravaggio a fuggire. Inseguito dalla legge, non sarà la prima, neanche l’ultima volta.
Ora c’è un fatto. Caravaggio era bravo a dipingere, lo sappiamo. Non è che si mette a fare un quadro astratto e allora uno gli chiede: che rappresenta? La Madonna di Loreto. Ah, vabbè, parliamone.
No, Caravaggio fa una fotografia. Inequivocabile. Quando la grande tela viene esposta nella chiesa di Sant’Agostino tutti riconoscono Lena.
Lena è la Madonna di Loreto. Altro che angeli con le ali! Scandalo! Però neanche tanto. Se ne parla, certo. Il popolo però ci rimase molto male quando i benpensanti chiesero la rimozione di quest’affronto al pubblico pudore. Ci fu grande schiamazzo! Ce lo racconta Buglione, uno che ha vissuto quel tempo. Proprio schiamazzo dice. E che ci volete togliere Lena da Sant’Agostino? Dissero. Eravamo nel 1604, mese più, mese meno perché la data non è certissima, e la tela sta ancora al suo posto.
Non si indica, maestro!
Dissero a Leonardo. Il maestro non rifece il quadro per questo, ma quando lo ricopiò disse all’angelo di farsi i fatti suoi.
Figurarsi come reagirono i frati quando videro il Gesù che sta in braccio a Lena e ci manca poco che faccia la linguaccia. Ma sarà Gesù o è un bambino a caso? Neanche un’aureola per distinguerlo dai bimbi qualunque.
C’è dell’altro: i pellegrini hanno la faccia dei veri committenti. Gente ricca e potente. Ci si aspetta un po’ di riguardo per chi paga. Invece se ne stanno in ginocchio, vestiti laceri e mostrano ai visitatori le terga e i piedi (che il pudore del tempo tutelava sommamente). Piedi sporchi, per giunta. Che se vai a Loreto mica ti ci portano gli angeli a te.
Ma no, Caravaggio vuole perdere facile. Dicevamo che sullo sfondo della scena dovrebbe esserci la casa di Loreto. Eterea. Costruita con chissà quale materiale in grado di librarsi in cielo. Una casa platonica, super eco sostenibile, ideale. No, Caravaggio che è pagato per dipingere una scena della Casa di Nazareth che adesso sta a Loreto, disegna un portone di via del Corso a Roma. Si mormora che fosse lo stesso portone nel quale si infilassero gli amici di Lena e pure Caravaggio. Del resto ha dipinto un portone che conosceva bene! Mancava soltanto il numero civico.
Una Maria di Nazareth traslata a Loreto come quella del Caravaggio può essere la mamma di Dio?
Non lo sappiamo.
Sappiamo però che è certamente la donna dinanzi alla quale si sono inginocchiati i popolani del tempo sicuri di trovare spazio nel cuore di una Madonna con il volto di una donna del popolo.
Ci ho pensato molto, ma non ne so niente di miracoli. Questo dipinto però è un miracolo, mi sento di garantirlo. E’ il miracolo di tutti i giorni, dei portoni dai quali si affacciano le prostitute, chiamate ad essere madri di tutti gli uomini.
In un mondo nel quale l’integralismo, il devozionismo, l’intransigenza sembrano dominare non mi pare che questo sia un dipinto uguale agli altri.
Sicuramente è un dipinto di fronte al quale piego il capo volentieri.
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L’ha ribloggato su vernini.