Non ci siamo proprio. Sul libro non potremmo dire niente di più rispetto a quanto scritto nell’esaustiva introduzione da Neri Pollastri. Il testo è di altissima qualità e ricco di spunti interessantissimi sulla filosofia e il rapporto di questa con il ben essere dell’uomo. Significativa la citazione iniziale di Epicuro: “Vuoto è l’argomento del filosofo che non allevia la sofferenza umana”. Per il resto il tentativo di costruire una scienza alternativa alle cure psicologiche (tra le quali Raabe lascia solo un piccolo spazio alla psicoterapia) è mal celato da mille scrupoli e attenzioni che non spostano la rotta di navigazione. Raabe già è più cauto del capostipite Achenbach ma la sostanza appare la stessa. Chi scrive è convinto che la filosofia debba esercitare un ruolo pratico e lo debba fare nel tentativo di far vivere meglio l’uomo particolare. Ma se per far questo deve scimmiottare la scienza psicologica allora perde di vista la sua natura disciplinare e diventa altro. Socrate, Epicuro, Epitteto, Cicerone e Seneca per non parlare del cristiano Agostino, sono stati degli ottimi consulenti filosofici, ma lo sono stati facendo fino in fondo i filosofi. Che poi la filosofia si presti ad essere piegata ad esigenze specifiche (io mi sforzo di applicarla al coaching sportivo) è una splendida opportunità…ma per giocare il suo ruolo deve continuare ad essere filosofia. Interessante il rapporto disegnato tra il consulente e il suo ospite. Raabe contesta ad Achenbach il richiamo a non voler cambiare l’interlocutore: nessuno si rivolgerebbe ad un consulente se non volesse essere cambiato. La sintesi è data da Neri Pollastri che sposta l’accento sul “volere” piuttosto che sul “cambiare”. Il cliente cambierà..ma dovrà essere lui a decidere se, quando e come, dopo che il consulente avrà esercitato il suo ruolo maieutico. Lettura interessante…da non utilizzare nella pratica.


Un pensiero riguardo “Peter B. Raabe, Teoria e pratica della consulenza filosofica”