
Chissà chi, osservando il panorama dalle Torri gemelle di Mirabilandia, ha mai pensato a quanti operai abbiano scarriolato sotto il sole e al freddo per bonificare il ravennate. Già perchè in Italia le bonifiche non le ha fatte soltanto Mussolini. Evangelisti ne Il Sole dell’Avvenire ci racconta di quelle negli anni di De Petris, Crispi, Giolitti, in Romagna, a Ostia, in Sardegna. In questa storia compare anche Mussolini, da lontano, un bambino, figlio di un fabbro socialista rispettato da tutti. Non è lui il protagonista ma lo sola citazione della sua presenza ci annuncia come andrà a finire. Il Sole dell’Avvenire, nel primo dei tre libri messi in conto per narrare la storia d’Italia a partire dai movimenti post risorgimentali, ci racconta l’epopea della famiglia Verardi, Attilio e Canzio detto Spartaco. Il socialismo, il desiderio di riscatto sociale, il lavoro e soprattutto la miseria sono i temi che accompagnano la storia di una famiglia romagnola come ce ne erano tante quando Andrea Costa divenne il primo parlamentare socialista. L’intreccio è tra la storia con la S maiuscola, le storie personali dei poveri braccianti e mezzadri e la politica. Il lettore corre ai riferimenti recenti: Cacucci e Pennacchi. A quest’ultimo in particolare Evangelisti pare legato per il tema trattato, la delicatezza con la quale costruisce i personaggi, ma non per la ricerca linguistica che resta a metà tra la narrazione accademica e il realismo introdotto da scarni e incompleti riferimenti al parlato dialettale dell’epoca. I personaggi storici, De Petris, Crispi, Giolitti, Garibaldi (Giuseppe e Menotti) e soprattutto Andrea Costa sono i personaggi che si muovono sullo sfondo: le loro politiche sono rese vive dall’azione dei loro referenti sul territorio (diremmo oggi), che nel libro appaiono in tutta la loro dimensione umana e le loro contraddizioni. L’epopea della famiglia protagonista è il fuoco che conquista il lettore e rende gradevole la lettura, ma i grandi temi politici sono ben presenti e addirittura appaiono di una attualità sconcertante. L’abolizione dei dazi che impoverisce i contadini rendendo improduttive molte coltivazioni sembra far riferimento ai temi della globalizzazione, le strette sul debito e alcune misure economiche che impediscono la realizzazione di opere pubbliche e producono disoccupazione sembrano essere state adottate già da allora perchè ce lo chiede l’Europa, persino l’oppressione tedesca sulla Grecia rende inutile la missione di Menotti in terra ellenica nel vano tentativo di portare sollievo alle popolazioni locali, strette tra la corruzione dei governanti e le politiche teutoniche. C’è poi il grande tema del socialismo rivoluzionario, stretto tra la pulsione verso un’ utopia molto difficile da concretizzare e l’impegno parlamentare di Costa. I grandi dibattiti sul socialismo, il comunismo scientifico, l’impegno parlamentare sono anch’essi trattati dai poveracci, ma la loro preoccupazione è trovare il modo per sfamare la famiglia. Dalla capacità di rispondere nell’immediato, è giudicata la politica. Repubblicani, cattolici e socialisti (divisi in troppi rivoli) si contendono la scena. Il liberismo invocato anche allora come panacea di tutti i mali si oppone alle mille necessità dei poveretti costretti ogni giorno ad inventarsene una per un tozzo di pane. L’arroganza del potere si contrappone alla solidarietà tra socialisti e le pagine più belle del libro sono proprio quelle in cui si racconta di un socialista che aiuta un altro solo perchè è un compagno. Oggi c’è un po’ di nostalgia per un mondo nel quale i cattivi stavano tutti da una parte: monarchici, nobili, preti e finanzieri. Non manca però qualche buon prete e qualche compagno mascalzone. Le lotte tra Repubblicani e Socialisti appaiono sanguinose e la massoneria si muove trasversalmente, ma senza troppi misteri.
Un libro piacevole, da leggere però con attenzione. Brutta, proprio brutta, la foto dell’autore in quarta di copertina.
