Se ti dicessero che ti alleni come un uomo preistorico, come la prenderesti?
L’attività dei nostri progenitori era continuamente esposta a pericoli di ogni tipo. Gli individui e le comunità che non reagivano nel modo giusto erano destinati a sparire dalla faccia della terra e la conseguenza è che, man mano che passavano le generazioni, solo i più adatti a sopravvivere hanno lasciato una discendenza. Se oggi siamo su questa terra abbiamo nei nostri geni qualcosa che ha permesso ai nostri antenati di procrearsi. Anche il più perdente tra noi è un vincente! Per questa ragione la cosa che sto per dirti ti riguarda molto da vicino.
Osserva questa scena: un homo sapiens si trova davanti ad un predatore. Rischia di fare una brutta fine e ne è consapevole. Anche se non ne è cosciente si metterà a fare milioni di calcoli in pochi attimi: deve decidere tra le sole due alternative di cui dispone. O si dà ad una onorevole fuga, oppure affronta l’avversario. In quel momento sta imparando ad utilizzare un importante meccanismo che caratterizza gli animali sopravvissuti alle selezione, oggi quel meccanismo è noto con il motto combatti o fuggi (fight or flight).
Bene, questa cosa ha conseguenze importanti anche nello sport. Nel caso dello sportivo, fuga e combattimento sono sostituiti dall’adattamento fisiologico allo sforzo, alla reazione, o dall’abbandono, al cedimento. I canali fisiologici del meccanismo sono gli stessi di quelli dei nostri progenitori. Per questo motivo reagiamo sempre con minore intensità allo stesso stimolo: non lo consideriamo più qualcosa di rilevante e restiamo in stand by. Se non avvertiamo un pericolo non ci attiviamo. Uno sportivo competitivo sta sempre sulle spine. Di qui le frasi cult sul modello di: quando vinci continua ad allenarti come se fossi arrivato secondo…. C’è chi si accontenterà di arrivare secondo e attiverà il meccanismo della fuga, e chi non sarà mai pago e accetterà la sfida.
Tutto fila, ma c’è un però. In natura nulla è gratis. Questa disposizione alla lotta (ma anche quell’atteggiamento che ci consiglia di fuggire) porta conseguenze piuttosto pesanti. Possiamo quantificare in termini di consumo di energie psico-fisiche il prezzo di questa continua allerta. Il costo energetico della reazione agli stimoli agonistici ha molti nomi: stress, logoramento di tessuti e degli organi, immunodepressione, infortuni.
La stessa cosa succede in ogni ambito della nostra vita: se osservi una grande città d’affari, Londra, Tokio, New York, osserverai che tutti corrono come topi nella loro ruota in una gabbia, tutti ottengono grossi vantaggi dal loro correre. I grandi manager sono persone brillanti e geniali, ma anche loro obbediscono allo stesso monito: scappa o combatti!
Abbiamo altre opportunità? Dobbiamo rassegnarci al fatto di dover pagare in qualche modo il nostro allenamento vincente?
Se scrivo questo post è proprio perché non è detto che le cose debbano andare in questa maniera. Una alternativa possibile è quella di tornare a giocare! Tra noi e l’avvento dell’Homo Sapiens sono passati centinaia di milioni di anni. Quando giochiamo a pallavolo o a tennis nessuno ci impone di attivare quei meccanismi di sopravvivenza che hanno fatto la fortuna della nostra specie. Quando si attiva il campanello di allarme, invece di pensare alla fuga o al combattimento, possiamo sviluppare un’ altrettanto antica attitudine, quella al gioco.
La gara in origine coincideva proprio con il gioco. Gioco a pallone, gioco a tennis, gioco a pallavolo erano frasi comuni tra noi ragazzi. Oggi le sento raramente perché non pensiamo affatto che fare sport sia giocare e perché non pensiamo affatto che il momento del gioco coincida con quello della gara. Nell’ultimo secolo c’è stato un regresso nella concezione dello sport e in gran parte questo si deve alla diffusione del modello professionistico. Chi detta le regole e disegna i modelli nello sport è un professionista che in effetti lotta per la propria sopravvivenza. Se vado a giocare a tennis contro il mio collega non devo necessariamente mettermi su questo piano e neanche se disputo una gara di un campionato dilettantistico.
Se vuoi sopravvivere senza pagare un prezzo troppo alto dovresti tornare ad allenarti per giocare! Attenzione, questo non significa fare le cose con minore impegno o farle infischiandosene del risultato: se c’è una gara la voglio vincere. Non si discute. Si tratta solo di cambiare metodo. Al contrario giocar

e ti sarà di aiuto anche per vincere qualche partita in più. Il fatto è che quando sarai in partita ti troverai a dover affrontare una serie complessa di situazioni che possono essere adattate solo attraverso un costante allenamento al gioco. Per far questo, oltre a sviluppare un atteggiamento mentale di cui parleremo diffusamente nel blog, dovrai allenarti riproducendo le situazioni di gara nella loro complessità. Ricorda: ti stai allenando per giocare una partita, non a scamparla difronte ad un tirannosauro!
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