La bandana di Pantani e i tic di Nadal

Tour de France 1998, undicesima tappa, da Luchon a Plateau de Beille, dodici chilometri all’arrivo, telecronista Adriano De Zan. Tutti si aspettano un gesto, un segnale. E’ proprio De Zan che se ne accorge per primo: eccolo là, si è tolto la bandana, Pantani!

Due tornanti ancora in cui il Pirata guadagna posizioni e dalla pancia del gruppone si porta in testa, poi lo scatto micidiale che lascia tutti sul posto. Il grande rivale, Ullrich arranca e lascia strada all’uomo che si toglie la bandana. Non ce ne è più per nessuno. De Zan, come tutti i tifosi, attendeva quel gesto di Marco, togliersi la bandana: sapeva benissimo che dopo sarebbe arrivata la fucilata, lo scatto secco in salita.

Rafael Nadal è uno specialista dei gesti che accompagnano le performance di uno sportivo. Prima di ogni servizio lo spagnolo passa dalla poco educata “smutandata”, alla pulizia della riga, al tocco sulla spalla sinistra, poi quella destra, il naso, poi i capelli spostati dietro l’orecchio sinistro, di nuovo il naso e di nuovo la mano repentina a sistemare i capelli dietro l’orecchio destro…

Trovi qui un buon esempio della sua maniacale abitudine.

Cosa hanno in comune la bandana di Pantani ed i tic di Nadal?

Spavalderia? Superstizione? Abitudini? Tic?

Nel caso di Pantani non sappiamo bene se quel gesto ricorrente sia stato preparato, tra l’altro non sempre il campione si tolse la bandana prima di un’impresa. Cinque giorni dopo la tappa di Plateau de Beille il Pirata si conquistò un posto nella storia con la fuga che lo portò alla maglia gialla a Les Deux Alpes: trionfò con tanto di bandana in testa, ma c’è da dire che sparò la sua fucilata a 48 km dal traguardo. Su Nadal sappiamo di più, tuttavia le opinioni su cosa faccia effettivamente il tennista spagnolo quando esegue la sua routine un po’ nevrotica restano ancora discordi.

Sappiamo bene però quale sia stato il risultato del gesto del Pirata e quale sia l’effetto della sua routine su Nadal. Questi gesti sono degli ancoraggi (secondo la definizione della PNL) che fanno in qualche modo riemergere sentimenti, stati d’animo, atteggiamenti già sperimentati e ritenuti positivi quanto utili al successo.

Lo sportivo di qualità è un vulcano di energia. Il riemergere potente del magma, che porta l’atleta a raggiungere il picco della performance, ha spesso bisogno di un innesco (trigger). La routine di Nadal innesca la concentrazione, la forza, l’esplosione della prima palla di servizio. Sarà un caso, ma una buona traduzione di trigger è anche grilletto, quello che tirava Pantani per sparare la fucilata. Niente di più facile che un mental coach abbia suggerito a Nadal di trasformare in routine i suoi gesti, o comunque di legarli allo stato d’animo necessario ad eseguire un buon servizio.

La PNL a buon mercato spesso semplifica e lavora in maniera piuttosto acritica sulla costruzione di questi ancoraggi. Si lavora sull’associazione stimolo/reazione alla maniera di Pavlov e Skinner (clicca qui per saperne di più) : si costruiscono stimoli efficaci e attraverso la ripetizione seriale si associano a questi stimoli sensazioni e comportamenti. Più si ripete l’associazione trigger/stato d’animo, più efficace sarà l’effetto. La cosa funziona, non ho dubbi. Un atleta professionista trae sicuramente vantaggio da questa pratica: consapevolmente o no Nadal ne è un ottimo esempio.

Ti consiglio senz’altro di provare un buon ancoraggio. E’ molto semplice: recupera i sentimenti e gli stati d’animo che hai provato quando sei stato protagonista di una prestazione della quale sei stato particolarmente soddisfatto (una partita, ma anche una ricezione, un servizio, uno scatto, una buona corsa, un calcio di rigore). Lavoraci un po’ sopra, mastica queste sensazioni e digeriscile. Poi associale ad un gesto. Uno schiocco di dita, la mano che si aggiusta i capelli. Ripeti e ripeti l’associazione e portala sistematicamente nella tua competizione. Quando azionerai il trigger (lo schiocco delle dita, i capelli spostati, un colpo sulla gamba) imparerai a recuperare le tue sensazioni positive. Sicuramente funzionerà.

E’ mio dovere però darti un avvertimento, un warning. Come sai non amo la PNL e mi chiedo quale sia il costo di questo ancoraggio. Credo che la risposta vada data su due versanti. Da una parte c’è l’aspetto funzionale. Pantani è stato un grande campione, Nadal è stato il numero uno al mondo, straordinario professionista. Esistono campioni e professionisti che non utilizzano queste tecniche di ancoraggio e sono mentalmente forti. Da dove traggono queste risorse interne nei momenti più importanti della loro prestazione? Lo stesso effetto si può ottenere con tecniche di concentrazione consapevoli e meno automatiche, le quali sicuramente aiutano una maggiore crescita personale, rispetto a quella che si ottiene con gli ancoraggi. Abbiamo già parlato del focus e della visualizzazione, ma si può pensare al training autogeno, a tecniche di meditazione e di respirazione, allo sviluppare un buon dialogo interiore. In un precedente post abbiamo suggerito agli amici tennisti un semplice esercizio in grado di reclutare gli stessi stimoli attivabili con l’ancoraggio attraverso la visualizzazione.

La seconda risposta gioca su un altro elemento. L’uomo funziona come un topo di Skinner?

No, l’uomo è molto più che una risposta allo stimolo.

Le parole chiave restano anche in questo caso consapevolezza e libertà.

Se l’ancoraggio è uno stimolo subliminale, inconsapevole, automatico possiamo raggiungere risultati simmetrici ed equivalenti con percorsi più consapevoli e liberi, che rispondano ad un concetto antropologico più alto: l’uomo è razionale, libero, resiliente e proattivo!

Mi permetto di citare velocemente l’esperimento raccontato da Platone nel libro intitolato a Menone. Socrate, dialogando con uno schiavo privo di istruzione, lo spinge a costruire un importante teorema matematico. La teoria di Platone, che poi sarà fatta propria da Chomsky, è che nell’uomo già sono innate le conoscenze che possono essere fatte emergere con le opportune sollecitazioni dal metodo maieutico. Platone si colloca dall’altra parte rispetto ad una teoria che si fonda su automatismi e risposte. Più modestamente penso che cercare consapevolmente le nostre risorse intime sia da preferire alla pur funzionale tecnica dell’ancoraggio che comunque pone al centro un automatismo quasi ipnotico. La strada della consapevolezza è più lunga e difficile, d’accordo, ma ci lascia qualcosa in più di una serie di vezzi e tic.

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