Se riesci a comunicare bene hai maggiori possibilità di raggiungere i tuoi obiettivi. Sembra ovvio, ma allora perché non prestiamo la giusta attenzione al nostro modo di comunicare?
Guardiamoci in giro. Tanta gente sta comunicando: c’è il tipo che gesticola e tocca continuamente il poveretto che non riesce a liberarsi, c’è il ragazzo seduto sulla metro che fa gli occhi dolci alla tipa che sale tutti i giorni alla stessa stazione e si siede vicino a lui, c’è quel vecchietto che ha portato il cane al giardino e gli fa cenno di mettersi seduto.
Distinguiamo codici di comunicazione: verbale, para verbale (atteggiamento del corpo, smorfie…), cinesica (gestualità), prossemica (la distanza tra chi parla e il suo interlocutore)…
Abbiamo preso coscienza del fatto che si può comunicare digitando su una tastiera, parlando, sorridendo, assumendo posizioni del corpo accoglienti, intimidatorie, concilianti. Si può parlare troppo vicino all’interlocutore al fine di comunicare una minaccia, o da una distanza tale da lasciare tranquilla una persona diffidente…
L’espressione amico! , urlata ringhiando e poggiando bruscamente la fronte sul naso della persona destinataria di tanta attenzione non esprime esattamente lo stesso significato della stessa espressione pronunciata con aria fraterna mentre abbracciamo un nostro vecchio compagno di scuola che non vedevamo da dieci anni.
Non basta. Tutti i codici di comunicazione possono essere ricondotti a tre grandi famiglie che mi piace chiamare canali. Questi tre canali di comunicazione sono: i segnali, i segni i simboli.
A ciascun canale possiamo applicare n codici. Così abbiamo segnali trasmessi a mezzo di diversi codici: verbali, prossemici, cinesici, etc.
La stessa cosa avviene per i segni ed i simboli.
Sia che tu parli ad un pubblico, che ad un semplice interlocutore, ma anche a te stesso, attraverso lo strumento del self talking, può esserti di grande aiuto prendere coscienza di questa griglia e saper utilizzare canali e codici adeguati.
Oggi parliamo dei segnali.
Il segnale è una forma prescrittiva. “Non passare con il rosso” è una comunicazione verbale di un divieto. Il vigile che alza la mano e intima lo stop utilizza lo stesso canale (il segnale) ma attraverso una comunicazione cinesica.
Ci sono due o tre cose da sapere e che ci saranno utili in seguito. Il segnale non implica un dialogo: va eseguito e basta. Questo perché il semplice appartenere ad una comunità significa accettare l’insieme delle regole che determinano la rete di relazioni. Se c’è un’autorità che decide quali strade sono percorribili a senso unico ci deve essere un canale riconosciuto da tutti che comunichi che quella strada va percorsa in quel modo. Tutti sono tenuti a rispettare il segnale, altrimenti sarà il caos.
Questo però ci dice anche che se il segnale funziona c’è qualcosa a monte. Un insieme di codici, regole, convenzioni che possono essere anche molto complesse. Senza questa organizzazione il segnale non ha efficacia.
Osserviamo una mamma che alza il battipanni minacciando il bambino: con con quel gesto intende intimargli di non scarabocchiare sulla parete del salone. Quella mamma ha già stabilito su suo figlio un rapporto di autorità. La sua comunicazione attraverso un segnale raggiunge il suo scopo soltanto perché in precedenza esiste questo rapporto autorevole e/o autoritario.
Nei prossimi due post parleremo dei segni e dei simboli.
Ora però anticipiamo che uno stesso gesto può essere segnale, ma anche segno e simbolo.
Dipende dal contesto e dal destinatario del messaggio. Poniamo che un vigile alzi la mano e intimi lo stop ad un automobilista. La cosa che colpisce immediatamente il nostro Niki Lauda urbano è il segnale che lo costringe a frenare. Ma per un osservatore estraneo alla dinamica del traffico, pensiamo ad uno studente di filosofia politica che guardasse la scena mentre si gusta un buon caffè al bar, quello stesso gesto può essere il simbolo del potere sociale sul singolo cittadino oppure semplicemente dell’ordine costituito.
In breve, quando utilizziamo il canale di comunicazione dei segnali dobbiamo prestare molta attenzione al codice più efficace (un vigile che strizzasse l’occhio per intimare lo stop non sarebbe molto efficace).
E’ fondamentale anche prestare attenzione al contesto. Un vigile che si sbracciasse per dirigere il traffico dal panettiere non sarebbe preso sul serio.
Inoltre, sebbene il segnale sia il livello di comunicazione più elementare, si presta a diverse letture, anche qui in relazione al contesto e all’uso che ne fa l’interlocutore. Questa ultima riflessione ci sarà preziosa quando applicheremo la teoria dei canali di comunicazione proprio al dialogo interiore.

