Bjorn Borg aveva un gran rovescio. Un colpo rude, con una tecnica discutibile, impugnatura della racchetta a due mani e una gran bordata da fondo campo.
Panatta, Villas, Nastase, Mc Enroe, i suoi competitor del tempo, sarebbero stati folli a scegliere di giocare sul rovescio di Bjorn.
Un buon giocatore cerca di giocare il proprio punto di forza sul punto debole dell’avversario.
Qualsiasi coach in qualsiasi sport chiederebbe ai propri atleti di giocare cercando di tenere il controllo della situazione.
La battuta di Panatta sul dritto di Borg, la palla corta di Nastase per costringere lo svedese a giocare sotto rete, cosa che Bjorn Borg detestava.
Quando impostiamo una strategia per raggiungere un nostro obiettivo, una road map, come va di moda chiamarla, stiamo giocando un inner game, nel quale abbiamo di fronte il nostro Borg interiore, un avversario pericoloso che da fondo campo ci tira bordate di rovescio. Il Sé contro l’Io. La nostra parte vitale contro l’agente sabotatore.
L’io tenterà di utilizzare il suo rovescio a due mani, il sé dovrà tenere in campo un gran servizio sul destro dell’avversario!
Padroneggiare questa strategia ci abituerà a concentrare i nostri sforzi su quello che possiamo controllare. Il quello che possiamo controllare è però soltanto un punto minuscolo della nostra vita: il nostro presente, qui e ora. Immaginiamo un metro infinito: il presente è una tacchetta su questa linea che si perde alla vista.
Noi giocheremo la palla corta o una gran battuta e il nostro Borg ci tirerà fuori il suo rovescio a due mani sotto forma del giudizio di un tuo collega, delle paure per quello che succederà domani, dei ricordi di quello che è stato ieri…
Il tempo di pensarci e sbammm la palla cade all’incrocio delle righe e tu sei fottuto.
