PNL, pochi sì e tanti no!

focusSpesso sento affermare: ho utilizzato la PNL nel mio gruppo, sono un un coach PNL, provo con la PNL.

Queste frasi mi fanno lo stesso effetto che sentirmi dire: ho fatto un po’ di tiro a bersaglio nella piazza del paese. 

 

La Programmazione Neuro Linguista, della quale non vi è alcuna evidenza scientifica, nessun protocollo ufficiale e nessuna comunità depositaria delle sacre regole, è uno strumento che va conosciuto.

In questo post, poco più lungo del solito, tento di fornirti alcuni strumenti di valutazione, premettendoti che non sono un medico ne’ uno psicologo, ma un filosofo e un coach.

Possiamo tranquillamente partire con due parole chiave dell’universo PNL: rapport e ricalco.  Il sistema che è sotto questi due cardini è molto semplice.

Il punto di forza e l’obiettivo della PNL è quello di riuscire a mettere in moto dei meccanismi mentali del cliente che lo aiuteranno a raggiungere i propri obiettivi.  Fin qui tutto bene. Il problema è che rapport e ricalco agiscono in maniera inconsapevole sul coachee (termine orrido utilizzato per indicare colui/lei che si fa guidare).

Andiamo sul concreto: l’insegnante di nuoto chiede al bambino che non sa nuotare di tuffarsi in acqua. Sappiamo tutti e lo sappiamo bene che il bambino si getterà nel blu solo se avrà fiducia nell’insegnante! Questo legame di fiducia, nella PNL, è chiamato rapport. Comunicazione e relazione, in questo caso, sono la stessa cosa: l’efficacia della comunicazione (tuffati!) è dipendente dal rapport che si instaura tra chi comunica e chi riceve il messaggio (se il bambino si fida si butta, altrimenti esita). Se la relazione, sotto forma del rapport, è ottima, la comunicazione viaggia in autostrada, se non c’è relazione le parole del coach si incamminano su una mulattiera di montagna.

In termini tecnici, il rapport è il ponte tra il coach e il coachee. 

Come fa la PNL a stabilire questa relazione efficace? Come spianare questa strada tra coach e atleta? 

Uno degli strumenti proposti della PNL, forse l’unico, è il ricalco. Il ricalco è un procedimento artificiale, costruito intenzionalmente al fine di stabilire una rapida ed efficace via di comunicazione tra coach e assistito. Il procedimento si fonda sulla retroazione. Il coach restituisce il comportamento che ha osservato nel suo interlocutore. 
La faccenda è più semplice di quanto sembri .  Il coach osserva le abitudini, il linguaggio, le parole calde (hot words) i comportamenti della persona trattata
 e restituisce quegli stessi comportamenti, allineandosi a quello che osserva.

In fondo si tratta di essere un po’ ruffiani.

Per un coach ricalcare lo stato d’animo di un atleta, i suoi gesti o la sua mimica, significa mettersi in sintonia con lo stato del suo interlocutore, assimilarlo ed emularlo. Sono stato impressionato dalla tecnica di una venditrice porta a porta di una nota azienda di vendite. Lei forse non lo sapeva, ma in quelle orribili riunioni per venditori era stata formata da coach PNL. Qualche lettore sarà stato sicuramente adescato nella maniera che sto per raccontare. La signora ci è stata presentata da un amico che aveva comprato un materasso. Ci ha chiesto un appuntamento parlandoci di Roberto, il quale era stato tanto contento del materasso che voleva consigliarlo ai suoi migliori amici. Roberto gioca a pallavolo, anche lei era appassionatissima di pallavolo. Entrata in casa sembrava fosse una persona di famiglia, parlava con me e mia moglie chiamandoci per nome, ammiccando, assecondando tutte le nostre inclinazioni, rispondendo con condivisione ad ogni nostro interrogativo, parlava di Roberto come fosse suo fratello. Il suo livello di istruzione era basso, ma il suo addestramento PNL molto buono ed efficace. Dopo pochi minuti le regole erano chiare e il gioco cominciava a divertirmi. Le ho detto che avevo poco tempo. La venditrice doveva bruciare le tappe, in mezz’ora al massimo doveva consumare tutto il suo repertorio. Il suo obiettivo era vendere un materasso ad un prezzo esorbitante e, credetemi, in questo la PNL è molto efficace. Quando era chiaro che non avrei comprato il materasso, nonostante avessi capito da subito il gioco, mi sono sentito come se avessi rotto la mia amicizia con Roberto, come se avessi deluso a morte questa affabile signora, come se fossi stato un pessimo allenatore di volley. 

Il nostro coach  PNL ha tutto il tempo necessario per sintonizzarsi con il territorio e lo stato dei suoi ragazzi. Se riesce ad essere efficace ottiene un risultato strategico: il ragazzo ritroverà nella figura del  coach il suo stesso stato d’animo, il suo modo di vivere e di agire. Tutto questo accresce le possibilità che l’atleta veda nel coach un buon interlocutore, perché vicino al suo modo di essere. Il lavoro di ricalco deve essere meticoloso: rispecchiando i suoi atteggiamenti ed i suoi stati d’animo il coach ricalca le tracce che l’atleta inevitabilmente lascia (comunicando) lungo il tragitto nella sua rappresentazione territoriale. Il coach può agire in profondità, distinguere tra la mappa (i segni che lascia il suo cliente) e il territorio, quello che il cliente è.

Ma in fondo, come vedremo subito nell’esempio che vi propongo, tanta cura non è necessaria. Obiettivamente il percorso è bidirezionale: il coach dovrebbe anche farsi in qualche modo penetrare dalla esperienza concreta dell’atleta, non limitarsi ipocritamente ad assumerne le sembianze esistenziali. D’altra parte uno degli aspetti che rendono il ricalco così pratico ed alla portata di operatori non specializzati è che per seguire questa via; non è necessario interessarsi al contenuto dell’esperienza altrui, ma è sufficiente soffermarsi sulla sua forma. Per ricalcare una persona che si sente triste, non è necessario indagare i motivi della sua tristezza, basterà ricalcare il modo in cui essa vive l’esperienza della tristezza.

Secondo la PNL questo limitarsi alla forma non è negativo, anzi. 

Se il coach invece si limita a partecipare alla forma della esperienza, troverà più agevole guidare il suo assistito verso uno stato d’animo idoneo a recepire ciò che vuole comunicare. Quando – attraverso il ricalco e la retroazione – il coach si rende conto di essere giunto alla sintonia desiderata saprà che è giunto il momento opportuno per comunicare ciò che si era prefisso e che è all’origine del suo comportamento. A questo punto la persona, che prima era in stato d’ansia ed agitazione, sarà più ricettiva al messaggio e la fiducia provata nei confronti del coach sarà accresciuta dalla consapevolezza (conscia o inconscia che sia) che in “qualche modo” il coach e la sua proposta abbiano un ruolo nel suo star meglio. Il coachee non potrà più tradire il coach, perchè finirebbe con il tradire se stesso.

Qualcuno può pensare che io stia esagerando. E allora è meglio leggere un classico esempio della tecnica di ricalco, proposto da uno dei guru della PNL, Nick Owen, nel suo libro cult “Le parole portano lontano”. Si tratta del racconto noto come Il Cocomero.

Molti anni fa nelle colline della Patagonia c’era un villaggio. I suoi abitanti stavano morendo di fame. Vivevano nel terrore di un dragone che era stato visto nei loro campi e loro non volevano andare a mietere i loro raccolti. Un giorno un viaggiatore venne al villaggio e chiese del cibo. Essi spiegarono che non ce n’era perché avevano paura del dragone. Il viaggiatore fu coraggioso e offrì di uccidere il dragone. Quando arrivò ai campi egli non poté vedere un dragone, solo un grande cocomero. Così ritornò al villaggio e disse: “non avete nulla da temere non c’è nessun dragone, solo un grande cocomero.” Gli abitanti del villaggio si arrabbiarono al suo rifiuto di comprendere il loro terrore e fecero il viaggiatore a pezzi. Qualche settimana più tardi un altro viaggiatore arrivò al villaggio. Di nuovo, quando egli domandò del cibo gli fu detto del dragone. Egli anche fu coraggioso e offrì di uccidere il dragone. Gli abitanti furono sollevati e allettati. Quando egli arrivò ai campi egli anche vide il cocomero gigante e ritornò al villaggio per dire che si stavano sbagliando sul dragone, non avevano bisogno di aver paura di un cocomero gigante. Essi lo fecero a pezzi.
Più tempo passò e gli abitanti divennero disperati. Un giorno un terzo viaggiatore apparve. Egli poté vedere come fossero disperati e chieste quale fosse il problema. Essi glielo dissero e lui promise che avrebbe ucciso il dragone così che loro sarebbero potuti andare ai campi a mietere i loro raccolti. Quando raggiunse il campo egli anche vide il cocomero gigante. Egli rifletté per un momento, poi estrasse la sua spada e fece il cocomero a pezzi. Ritornò dagli abitanti del villaggio e disse loro che aveva ucciso il loro dragone. Essi ne furono felici. Il viaggiatore si trattenne nel villaggio per molti mesi, tanto abbastanza per insegnare agli abitanti la differenza fra dragoni e cocomeri.

 

Non c’è alcun dubbio: questa strategia incide in modo radicale sull’esito di quello che potrebbe essere un colloquio di vendita, una dichiarazione d’amore o la richiesta di un aumento di stipendio.

Il fattore che rende così potente ed irresistibile il ricalco è che, quando il coach ricalca il suo interlocutore, questi per poterlo rifiutare dovrebbe rifiutare se stesso.

Se gli abitanti del villaggio avessero rifiutato la storia del viaggiatore che racconta di aver ucciso il dragone sarebbero caduti nuovamente in uno stato di ansia legato alla presenza del mostro. D’altra parte non potevano mettere in discussione l’esistenza del dragone perché il viaggiatore aveva calibrato il suo comportamento sulla loro storia. Non avevano altra alternativa: dovevano affidarsi al viaggiatore.

C’è dell’altro e di più profondo. Tutti conoscono la storia del cavallo di Troia. I troiani accettano il dono dei greci credendo che le truppe nemiche si siano ritirati. In realtà il cavallo nasconde Ulisse e altri guerrieri pronti ad aprire le porte della città una volta che il cavallo sia stato introdotto dentro le mura. I troiani accettano il dono del cavallo perché quell’enorme cavallo di legno rappresenta ciò che essi vogliono. Il cavallo è la proiezione della soluzione per tutti i loro problemi. Poco importa come effettivamente stiano le cose!

Un ultimo sforzo.

Il racconto del Cocomero si colloca in esatta contrapposizione al mito della Caverna di Platone. Le condizioni di partenza sono le stesse.

Per Platone il saggio, il prigioniero che si libera e scorge la verità fuori dalle immagini proiettate nella caverna,  viene rifiutato dagli abitanti della caverna ancora in uno stato di prigionia. La sorte del saggio è comune a quella dei primi viaggiatori nel racconto di Owen. 

Non ho dubbi, però, sul rifiutare l’apologo di Owen: quando si usa uno stratagemma al posto della verità si commette un abuso contro la libertà delle persone.

Negli stati di disagio l’applicazione di questo metodo potrebbe essere deleteria: la persona ricalcata si trova coinvolta in un processo inconscio di identificazione con l’interlocutore che esercita un ruolo di potenza nei suoi confronti, e quindi sarà ricettiva a qualsiasi proposta proprio perchè non riesce a trovare in se stessa le risorse necessarie a passare ad uno stato migliore d’essere.

Tutto da buttare quindi? Assolutamente no e in gran parte la PNL è efficace. Ma, per quello che abbiamo detto, in questo caso l’efficacia non può essere un metro di giudizio, anzi. Il giudizio deve tener in conto delle finalità e dell’etica di chi utilizza questo strumento.
Le categorie della PNL non sono campate in aria: la professionalità di chi la utilizza (medico, psicologo, logopedista…) fa la differenza.

La Pnl non è una scienza!

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