Ma poi a che serve un Crocefisso se in chiesa non c’è nessuno? A che serve Cristo se stiamo tutti reclusi nelle nostre stanze? Cosa aspettiamo? Usciamo incontro a Cristo che ha sconfitto la morte!
Di fronte al predicatore un solo fedele. Un prete nero. Se ne sta lì, seduto al primo banco in jeans e maglietta. Il celebrante è vestito di tutto punto. Abito talare e paramenti bianchi, del tempo di Pasqua. Non si ferma. Va su e giù, gira intorno. L’unico fedele non ha bisogno dell’amplificazione per ascoltare. Il vecchio prete conosce la messa a memoria. Però salta qualche pezzo, incespica, si parla addosso. Il tipo del primo banco, un prete anche lui, non riesce a tenere il filo e tamburella con le mani sulle ginocchia. Il vecchio prete aggiunge frasi incomprensibili, torna indietro. Parla in latino. Soprattutto parla in latino. Tutto per un unico partecipante. Un prete nero, in jeans e maglia bianca, che non conosce il latino. Poi si calma, si ferma. È il momento di annunciare la Parola.
Munda cor meum ac lábia mea, omnípotens Deus, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre.
Fa cenno al collega di sedersi. È il momento dell’Omelia. Si aggiusta i lunghi capelli bianchi. Prende fiato.
Cristo è comunità! Dove sono due o più riuniti nel mio nome… è no, caro Cristo. Non si può stare più riuniti in due o più nel tuo nome, abbiamo il Covid 19, noi. Signore, Signore, ferma la tua mano, distogli da noi il tuo flagello! Sconfiggi il demonio al quale hai permesso di farci questo a causa dei nostri peccati! Vogliamo tornare in Chiesa a pregarti. Salva la tua Chiesa da chi si accontenta dell’Eucarestia in televisione. Porta consiglio a Francesco. Troppo debole. Troppo tenero con il diavolo! Aiuta la tua Chiesa Signore!
Credo in unum Deum, Patrem omnipoténtem, Factorem cæli et terræ, visibílium ómnium et invisibilium.
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente… gli fa eco il prete nero. Timido. A voce bassa.
Pater noster….
Corpus Christi…
Ite missa est!
Il fedele, il prete nero, si segna. Attende composto che il vecchio celebrante entri in sagrestia e lo segue.
Prosit. Dice con un inchino mentre quello si sfila la casula. Prosit è latino, ma questa espressione gli è rimasta impressa. Padre Mario, in Etiopia lo ha insegnato a tutti i chierichetti. Prosit, non ciao. Prosit devi dire al prete! Prosit, ti giovi!, si dice al prete che ha celebrato, quando finisce la messa. Si fa anche un inchino. Un inchino, non un cenno del capo! Ci teneva a queste cose Padre Mario, in Etiopia.
Prosit, prosit. Però si dice pure quando si brinda, sta pensando il giovane prete. Vorrà dire anche salute!
Che c’è? Non ti è piaciuta la predica? Fa il vecchio.
No, per carità. Le sue omelie sono sempre interessanti, risponde il prete nero con accento francese.
Ti rendi conto? Ti rendi conto? A cosa serve tutto questo?, chiede il vecchio prete, sciacquando il calice con un buon bicchiere da vino da messa. I fedeli. Se non fanno entrare i fedeli in chiesa, io per chi la dico la messa?
Il prete nero guarda il calice. Poi guarda il suo orologio. Sono le sette e trenta di mattina.
L’altro non coglie il rimprovero. Si infila una pillola in gola e manda giù tutto d’un sorso. Pillola e vino. Amen, dice. Poi ci ripensa. Si fruga in tasca. Statine per colesterolo e medicina per il Parkinson. Mi vuoi negare un sorso di vino? E butta giù un altro boccone e un altro sorso. Poi prende una bustina, la scioglie nell’acqua, in un bicchiere di carta. E giù anche quella.
Parla, parla pure. Tanto lo so che non condividi. Spiegami dov’è la misericordia di Dio, tu ed i tuoi studi dai salesiani…o erano gesuiti. Già i gesuiti. Buoni quelli.
Il prete nero rimane in silenzio.
Allora? Non hai sentito? Dov’è la misericordia di Dio? Dov’è Dio?
Il giovane prete nero ha sempre con sé uno zainetto rosso. Dai tempi del seminario in Etiopia. Delle lunghe camminate a distribuire la comunione nelle campagne. Sempre lo stesso zaino. Un ottimo acquisto. Un ottimo acquisto di chi glielo ha spedito dall’Europa. Ancora nel cellofan. Uno zaino di quelli usati per la montagna. Non una di quelle marche tipo Geox, North Face… Quando sarà logoro ne comprerò uno nuovo. Identico. Pensa il giovane prete.
Contiene un sacco di roba ed è resistente. Lo dice perché il vecchio prete lo sta osservando e indovina che pensa al suo zaino. Il giovane, il prete nero in jeans, tira fuori il suo tablet e se ne va.
Aspetta, aspetta. Fa il vecchio prete. Voglio vedere. Voglio proprio vedere.
Scendono le scale. Il vecchio prete inciampa sull’ultimo gradino, ma dov’è la Tua misericordia? Chiede di nuovo urlando a voce alta.
Cos’è questo odore di ammoniaca? Non viene nessuno da mesi e lui tiene tutto pulito. A cosa serve?
Si sentono voci. C’è qualcuno. Chi c’è? chiede il vecchio prete. Entrano nella grande stanza della catechesi. Una ragazza con la mascherina riempie borse di tela. Quelle del commercio equo e solidale. Ecco a cosa servivano. Ne sono arrivate a pacchi qualche giorno prima. La ragazza le riempie prendendo da mucchi di alimenti. Una catasta per l’olio, una per lo zucchero, farina, pasta… ci sono anche pannolini e giochi per bambini. Si vede che alcune cose vengono dai supermercati, dice il vecchio.
I giovani hanno fatto una catena. La prima ragazza passa la busta piena ad un altro ragazzo, che le passa ad un altro ragazzo. Si tengono a distanza. Hanno escogitato un sistema. Le borse non passano di mano in mano. Le poggiano a terra e si allontanano. L’altro le prende, le sposta e torna indietro. L’ultimo prende il pacco. In fondo alla stanza c’è un elenco con gli indirizzi. Posa la borsa, cancella il nome in alto, riprende la borsa e se ne va.
Michel Quoist? Chiede il giovane prete. Conosce Michel Quoist? No? Peccato. Bella preghiera, la partita di calcio notturna, l’ho imparata a memoria da ragazzo. Mi piaceva giocare a calcio, mi piaceva pregare e allora…
…E siccome ognuno faceva il suo lavoro dove occorreva,
siccome forniva lo sforzo richiesto,
siccome sapeva di aver bisogno di tutti gli altri,
lentamente, ma sicuramente, il pallone avanzava;
e quand’ebbe raccolto il lavoro d’ognuno…
Basta così, grazie.
Oggi facciamo quasi cento consegne. Dice il prete nero.
Bello, dice il vecchio prete. Bravi. Aggiunge. È sincero. A chi vanno? Domanda. Italiani? Neg… immigrati? Zingari.
A chi ne ha bisogno. Risponde l’altro.
Attraversano la sala della catechesi. La ragazza che riempiva le buste, si vede che era una che comandava, saluta i due preti. Ciao Pier, buona giornata Padre Marcello. Ciao Sara, dice il prete nero. Solo cenni della testa con gli altri. Entrano nella sala dei biliardini, in fondo campeggia una gigantografia di San Giovanni Bosco. La solita.
Ma non ha altre foto questo? Sempre la stessa, esclama il vecchio sacerdote. Sinite parvulos… diceva Gesù Cristo. E dove stanno i bambini? A casa. Davanti ad un computer.
Entrano nella cappella dell’Oratorio.
La cappella, semicircolare, è proprio sotto l’altare maggiore della Chiesa. Pulita, in ordine. I banchi al loro posto, pronti ad ospitare i ragazzi. Chissà quando… Il vecchio si accomoda al primo banco. Il prete nero indossa i suoi abiti. Bianchi. Non una casula, ma una veste. Sopra si aggiusta una stola. È tempo di Pasqua anche qui, dice al vecchio. Sorride. Accende la web cam del suo tablet, ci smanetta sopra e lo posiziona sul primo banco. Vicino al vecchio prete. Non si vede un granché, ma questo abbiamo. Dice. Con un fiammifero di legno svedese, quelli belli, da pipa, dà luce alla grande candela quaresimale. Riempie d’incenso il turibolo, lo accende con un altro fiammifero e comincia a oscillarlo con un gesto lento. Prima intorno all’altare, poi si avvina ad un mucchio di vestiti. Se ne stanno lì, su un tappeto. Ordinati, piegati. Colorati. Incenso. Incenso anche sopra i vestiti.
Sembri più uno sciamano che un prete, dice il prete bianco a voce alta. La Cappella è presa dall’ odore, un buon odore, l’odore di incenso della regina di Saba, pensa il vecchio. Il giovane non ha tasche nella veste e pensa: non posso sollevarla in diretta per mettere i fiammiferi nella tasca dei jeans. Allora passa la scatola al vecchio prete.
Il giovane si mette dietro all’altare, prende il suo Iphone, seleziona l’icona Ibreviary, scarica le letture.
Cari amici, siete a casa e magari sarete distratti. Leggiamo soltanto due passi del Vangelo di oggi.
<<Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi»
Poi, con un telecomando, aziona le piccole casse acustiche bluetooth , lavora sull’Icona di GoTowebinar, seleziona le mani alzate e comincia ad ascoltare gli interventi. Oggi la predica la fate voi.
Andrà tutto bene. Dice un tale. Voce da anziano. Roca. Fumatore, probabilmente.
Lo speriamo contro ogni speranza. Chiosa il vecchio prete a voce alta. Poi alza la mano come uno scolaro. Ma non chiede di intervenire. Si vede una fiammella tra le dita. Getta il fiammifero sulla catasta dei vestiti. Si alza e se ne va. Una canottiera da bimbo in cima al mucchio di abiti comincia a prendere fuoco. Il giovane prete si avvicina. Pesta il mucchio e calcia via lontano la canottiera bruciacchiata.
Andate in pace. Ci vediamo domani, dice.
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” dice il vecchio mentre esce. Dà qua, fa alla ragazza. Tutta questa liturgia per portare una busta. Michel Quoist. Quante storie! Dammi l’indirizzo ci penso io.
E’ un bravo cristiano, un po’ fissato con il latino e il vecchio papa, ma se non la fa finita con questi farmaci prima o poi ci ammazza a tutti, dice la ragazza al giovane prete.
