Allenare la fortuna! Prefontaine

Si può allenare la fortuna?   Capisco la domanda. Chi fa sport sa bene che in qualsiasi momento un colpo di fortuna o di sfortuna fa la differenza. 

La domanda giusta però è:

come si può allenare la fortuna?

La fortuna si allena soltanto in un modo: sfidandola.

La fortuna aiuta gli audaci, ci dice Virgilio. La cosa non è tutta farina del sacco di Virgilio. Il detto è riferito a Turno che esorta i suoi ad attaccare Enea.

Turno muore nel duello contro l’eroe che poi dara vita alla storia di Roma. Turno parla di fortuna, ma è un eroe sfortunato. 

La traduzione è anche sbagliata.  Audentes fortuna iuvat, dice l’antagonista di Enea. Non audaces

C’è una bella differenza. Audentes sono i valorosi, i coraggiosi. L’audax è invece quello sfrontato, il temerario, l’impavido arrogante. 

Se voglio allenare la fortuna debbo essere valoroso, non smargiasso. Il confine è sottile. 

Il coraggioso conosce il suo limite e confida di poterlo superare con un po’ di fortuna e tanto valore.  Gli ispanici hanno un bel termine: confiancia.  Chi ha la confiancia, la fiducia, la sicurezza, ma anche la familiarità, è senz’altro un passo avanti verso l’aver fortuna.

Allenare la fortuna significa prendere confidenza con il massimo che si può ottenere da se stessi. Alleno la mia fortuna andando ogni giorno a sfidare il mio limite. Cercare di ottenere sempre il massimo, senza calcoli, è il modo giusto di allenare la fortuna. Nel far questo metto in conto la sfortuna.  

La storia della fortuna nello sport può essere raccontata parlando di Steve Prefontaine,   leggendario mezzofondista statunitense. Il Pre, visse il limite tra audens e audax. La sua biografia ha tutto dell’eroe maledetto. Le vittorie, le gare condotte tutte sempre in testa. L’idea geniale di fondare la linea di scarpe Nike. La sconfitta nella finale olimpica di Monaco. Una vita con il piede schiacciato sull’acceleratore, conclusa con la morte in un incidente automobilistico a 24 anni. Un uomo di grande fortuna, che muore per una tragica sfortuna. 

Era il più amato e il più forte dei mezzofondisti statunitensi degli anni ’70. Su di lui sono stati girati due film, dalle sue parti  è ancora un mito ed a lui è dedicata la tappa della Diamond Leauge che si tiene ad Eugene, la sua città. 

A Monaco nel ’72 il ritmo è lento. Pre ha vinto i trials. E’ atteso. Si sente in trappola in quella gara tattica.  Mancano quattro giri. Milleseicento metri. Non pochi. Parte. Lo segue Lasse Virén, una leggenda. Dietro, a fatica, Gamouddi.

Ultimo giro, sul più bello, viene superato dal finlandese, poi dal tunisino. E’ terzo. No, ecco che spunta Stewart, atleta di Sua Maestà. In due secondi ci sono i primi quattro. Prefontaine è fuori dalle medaglie.

Sfortunato.

E’ lui l’eroe di quella gara. 

La sua tattica nei cinquemila era sempre la stessa:  partire a tutto gas…ed arrivare al traguardo nella stessa maniera. Non sempre è andata come a Monaco, anzi.

A volte era fortunato, i suoi avversari cedevano di schianto prima di lui. Ma non vinceva per fortuna. Le sue vittorie e i suoi record non dovevano nulla alla buona sorte: Steve si divertiva a scoprire se avesse ceduto prima o dopo il proprio avversario più valoroso.

Se non stai lì, sul limite del baratro, non scoprirai mai se la fortuna è dalla tua parte. 

Ottenere meno che il tuo massimo significa sacrificare un dono, sosteneva Prefontaine.

Il dono della fortuna che hai o non hai coltivato, aggiungerei.

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