Non c’è verso di arrivare al telefono. Lo sento vibrare nella tasca interna del giaccone. Non riesco a muovermi. Ho un uomo addosso, è straniero. Almeno così deduco dai lineamenti e dai vestiti che porta. È un caucasico, ma straniero. Peserà cento chili, almeno. Si puntella a terra con un ombrello. L’altra mano è impegnata a tenere una borsa piena di cibo e birra. La riconosco: è una lager prodotta in Bulgaria. Una birra scadente. Anche da questo vedo che è straniero. Dalla birra che beve. Ad ogni fermata della metro mi spinge contro gli altri passeggeri. Ansima e suda.
Maledetto!
Intanto il gomito della ragazza che è alle mie spalle mi sta entrando dentro le costole. Volto la testa, vorrei dirle qualcosa. Con la coda dell’occhio sbircio i suoi capelli. Sono rossi. Rinuncio a parlarle.
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