Della vittoria e della sconfitta
Domenica scorsa ci siamo esaltati per la vittoria del mondiale delle azzurre di pallavolo!
Ragazze stupende che in poco più di un anno ci hanno fatto vivere il sogno di un oro olimpico, di una VNL e del titolo di campionesse del mondo! Ma mentre alle Olimpiadi era parso tutto facile, alla VNL relativamente facile, il mondiale ha messo la nostra squadra e tutti noi dinanzi allo spettro della sconfitta. Non solo e non tanto in finale, con due set persi malamente, quanto nella semifinale, quando sotto i colpi di una straordinaria Gabi, le nostre ragazze hanno vacilatto e risolto un tie break con due punti di scarto, con palloni entrati/usciti, toccati/non toccati per questione di millimetri.
Siamo stati ad un passo dal baratro!
La nazionale di Mazzanti, il precedente allenatore, si dissolse dopo un mondiale perso in finale contro il Brasile (che aveva una squadra più completa di questa) e una semifinale europea praticamente già vinta al quarto set, ma poi persa al tie break contro la solita Turchia. Seguirono polemiche feroci, esclusioni o autoesclusioni e ne pagò le conseguenze il tecnico marchigiano destinato ingiustamente alla damnatio memoriae (ne scrivemmo qui).
Anche Velasco conobbe la sconfitta, tra le altre due volte furono clamorose e dolorose, alle Olimpiadi: la prima volta in finale e la seconda addirittura nei quarti. Ma guai a parlare di rivincita con Julio!
Eh sì, nello sport, si vince e si perde. A volte la differenza la fa un po’ di fortuna, una monetina che gira e poi cade inevitabilmente da una delle due parti.
Un dato statistico for dummies ci dice che uno vince, tutti partecipano, la stragrande maggioranza perde.
Ma torniamo a domenica sette settembre 2025, nel giro di poche ore non abbiamo assistito soltanto ad una grande vittoria, ma anche ad importanti sconfitte. Sinner in primis, caduto sotto i colpi di un inarrestabile Alcaraz, la nazionale di basket, con Pozzecco che si è dimesso dopo pochi minuti e le già citate Brasile e Turchia, che per un millimetro hanno ceduto lo scettro alle nostre pallavoliste. Ferrari e motociclismo hanno fatto il resto, ma chi scrive ha il difetto di non considerare propriamente sport quelli che si disputano con centinaia di cavalli sotto il sedere (e con questo altri amici in arrivo).
Della vittoria parlano tutti, spendiamo qui due parole sulla sconfitta.
Non è vero che dalla sconfitta s’impara. Balle!
Se impari a perdere puoi tornare a vincere, è diverso.
La pratica filosofica può aiutare in questo. Imparare a perdere (e anche a vincere).
Elenco alcuni punti per una possibile pratica filosofica sulla sconfitta. Spero non siano troppo scontati, ma basta leggere i social o frequentare qualsiasi palestra e campo sportivo per rendersi conto che non lo sono:
C’è una enorme differenza tra sconfitta e fallimento. Dare il giusto nome alle cose, perchè, sì, il nome è la cosa per noi. Se chiamo sconfitta quella di Sinner agli US Open ho imparato qualcosa, se la chiamo fallimento sono fottuto. Giannis Antetokounmpo ci ha insegnato che la sconfitta non è un fallimento, vi metto qui la sua famosa risposta ad una domanda sul tema. Poi, sì, ci sono dei veri e propri fallimenti. Ma dobbiamo lavorare alla loro definizione. Il fallimento può essere definito da molti elementi, quello che conta di più per noi è se abbiamo fatto un all in in un progetto che non va in porto per nostre responsabilità. Forse puntare tutti i nostri gettoni su una vittoria sportiva non è una buona idea!
Vincere significa semplicemente che hai fatto qualcosa meglio del tuo avversario, ma questa non è una virtù che accompagna il nostro essere autentico. Chi ha studiato filosofia conosce la differenza tra ontologico e ontico, tra accidenti e sostanza. Per chi parlava con il compagno di banco durante la lezione della prof antipatica e noiosa possiamo dire che vincere o perdere appartiene a qualcosa che cambia poco a quello che siamo. Essere un vincente è un po’ diverso, alla fine entra nel nostro modo di stare al mondo. Ma come dimostra la stessa storia di Velasco non si è sempre vincenti, così come non si è sempre perdenti. Noi siamo noi, a prescindere da quante vittorie e sconfitte abbiamo ottenuto. Vittorie e sconfitte ossono aiutarci o possono distruggerci, dipende da come le accogliamo.
🏹 Teoria della seconda freccia. Perdere può farci male due volte, la prima perché perdiamo, la seconda perché permettiamo che la sconfitta ci tormenti. La prima freccia non dipende (del tutto) da noi. La seconda ce la siamo andata a cercare.
La vittoria svanisce come le bollicine in un calice di prosecco. Vale la pena dare tanto importanza alla vittoria? Phil Jackson, super vincente allenatore NBA, ha detto che la vittoria se ne va già dalla sera della festa, con l’ultimo bicchiere di champagne. Per la mia esperienza anche prima: durante la festa c’è già chi te la rovina.
C’è sempre domani. Sì vinca o si perda, si ricomincia da zero a zero, sconfitta e vittoria non sono per sempre e una volta che uno dei due demoni ha preso il sopravvento è solo per un momento, il domani dipende da noi.
