Tutti noi sogniamo. C’è chi ricorda i sogni e chi no, chi li teme, chi sogna ad occhi chiusi e chi da sveglio. Freud si costruì una carriera sulla interpretazione dei sogni, ma già Platone ne aveva scritto, sostenendo che di notte emergeva l’uomo peggiore, quello che di giorno non aveva il coraggio di farsi vedere in giro.
Ci sono poi altri sogni, parenti di quelli notturni. Sono i desideri di qualcosa di meraviglioso, per noi stessi, per le nostre carriere, per i nostri cari, per la nostra squadra del cuore.
Quasi sempre questi sogni svaniscono quando apriamo gli occhi, ci riprendiamo la nostra vita concreta e guardiamo la nostra realtà così diversa da come la sogniamo.
Sappiamo tutti che i sogni possono restare senza conseguenze, se non quelle di lasciarsi alle spalle rimpianti e insoddisfazioni. Alcuni sogni sono irrealistici, per altri non lottiamo abbastanza, a volte siamo semplicemente pigri, sfiduciati, con scarsa fiducia in noi stessi: ci svegliamo che la nosta vita è andata molto avanti e ripetiamo frasi come sognavo di fare l’avvocato, ma ho passato una vita nell’azienda di famiglia.
Il punto è che per combinare qualcosa dobbiamo avere il coraggio di uccidere i nostri sogni.
Questo non significa che dobbiamo rinunciare al sogno, tuttaltro. Perché il sogno esca dalla dimensione della fantasia e tocchi quella della realtà dobbiamo definirne i contorni e trasformarlo in qualcos’altro.
Questo qualcosa di nuovo e di diverso dal sogno si chiama obiettivo.
Sognare è come assistere ad una sfilata di moda. Sappiamo benissimo che non potremo mai permetterci quella scollatura o quel vestito troppo aggressivo, per non parlare di quel collo di leopardo o di quella cinta che costa lo stipendio di un mese!
Però durante una sfilata di alta moda posso osservare che aria tira e quando torno da mia zia che è tanto brava con il taglio e cucito le chiedo di confezionare qualcosa che richiami la grande idea dello stilista. Le faccio un disegno, le spiego, le indico il colore che voglio. Il sogno, per diventare un vestito, deve essere trasformato in progetto.
Per un sognatore tornare sulla terra è un percorso duro, ma non ha scelta: chi rimane a cullarsi nei sogni prima o poi sentirà suonare la sveglia e si alzerà tutto sudato!
I’have a dream!
Urla Martin Luther King, il 28 agosto 1963, davanti al Lincoln Memorial di Washington.
Pochi ricordano che questo discorso è giunto al termine di una grande marcia per i diritti civili ed il lavoro, quando il sogno del leader americano era già stato tradotto in obiettivi politici ed in una concreta azione di lotta civile. Oggi quello che allora Martin Luther King poteva solo sognare è quasi una realtà.
Per inciso: pare che quella frase, “I have a dream”, Martin Luther King l’abbia estratta dal cilindro nel momento in cui si accorse che il suo pubblico era piuttosto annoiato e disattento.
In quel famoso discorso il leader della lotta per i diritti civili dei neri ripete otto volte I’ve a dream. La volta in cui lo fa con maggior efficacia prosegue: <<che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. Io ho un sogno oggi!»
Il sogno allora acquisisce un contorno, si definisce, diventa qualcosa di preciso sulla quale poter lavorare: che i miei figli un giorno…. saranno giudicati per ciò che la loro persona contiene.
Da quel discorso molto è stato fatto, molto deve essere ancora fatto. Il difficile è stato metterlo su strada, interpretarlo.
Eh, sì: i sogni che guardano al futuro, come quelli che specchiano il passato, hanno bisogno di essere interpretati.
L’interpretazione dei sogni è azione.
Si è iniziato con l’aprire le porte di una scuola ad una bambina di colore, ad abbattere la barriera dei posti riservati ai bianchi sui mezzi di trasporto, ad affidare incarichi pubblici a uomini e donne senza guardare al colore della loro pelle. Piano, piano, tanti piccoli obiettivi raggiunti hanno ricomposto il sogno in una nuova veste, quella del vestito alla portata di tutti.
I nostri sogni non sono così importanti come quelli di Martin Luther King, ma anche noi possiamo trasformare ogni nostro sogno in un obiettivo concreto. La mamma che sogna una casa ordinata può trasformare facilmente il suo sogno, chiedendo precisamente al marito e ai figli di collaborare a riassettare i letti, cucinare a turno, stirare le camicie e mantenere in ordine le proprie stanze. Dovrà comprendere e spiegare quale siano i ruoli e i compiti di ciascuno nella routine quotidiana. Il suo sogno richiede una grande capacità di leadership e di trasformazione per il meglio della sua famiglia.
Un ragazzo che sogna di diventare un medico potrà scegliere se continuare a sognarlo mentre guarda una serie tv, oppure mettere in campo quelle strategie che lo porteranno ad indossare un camice bianco.
Sia la mamma che il ragazzo dovranno modellare i loro sogni e verificare la possibilità di trasformarli in obiettivi. Soprattutto dovranno pianificare e agire. Durante il percorso forse dimenticheranno l’obiettivo reale che si sono dati. Quando la donna discuterà con i propri figli maschi sul ruolo paritario nelle faccende domestiche farà una cosa di grandissima importanza, che in quel momento sembra essere lontana dal sogno di avere una casa linda e pinta. Quando il ragazzo passerà notti insonni per l’esame di chimica, forse, per un attimo, perderà di vista il suo sogno, ma starà facendo qualcosa per diventare un buon medico.
OK, ma come fare a trasformare il sogno in obiettivo? Nella interpretazione del sogno verso l’azione: il coaching ha pianificato diverse strategie per definire gli obiettivi.
La più nota fa riferimento all’acronimo SMART.
SMART è un acronimo molto utilizzato e sta per:
S pecifico
M isurabile
AAction oriented, orientato all’azione
R ealistico
T emporalmente scandito
Spesso ci troviamo in uno stato di indeterminazione e ansia. Non sappiamo realmente cosa vogliamo nella vita e le nostre teste vagano tra un pensiero e l’altro. I nostri desideri sono confusi, a volte troppo pretenziosi, a volte indefiniti. Passiamo dal “se vincessi alla lotteria”, alla preoccupazione su cosa mangiare a pranzo.
SMART è un buon metodo non solo per disegnare un obiettivo, ma anche per uscire da quello stato di indeterminatezza che ci provoca ansia e stress.
Un giovane si laurea ed è preoccupato per il suo futuro. Ha studiato ingegneria ed ha un sogno, contribuire ad una svolta ecologica del pianeta.
Per prima cosa ha bisogno di modellare il suo obiettivo e renderlo specifico. Cosa significa “contribuire ad un mondo decisamente più sostenibile”?
Cosa sa fare questo ragazzo? E’ ingegnere e si è laureato su l’utilizzazione innovativa dell’energia solare ai fini della produzione di energia elettrica. Se questo è il suo punto di forza, dovrà realizzarlo all’interno di una grossa azienda, oppure creare una start up. Scegli di modellare il suo obiettivo nella direzione di essere assunto dalla più grande società che sperimenta sul solare. Dovrà convinvere i dirigenti sulla validità del progetto sperimentale che ha ideato per la sua tesi.
Bene, ora abbiamo la S di Specifico.
Il suo progetto deve essere anche Misurabile. Qui è semplice: o viene assunto o no. Misurazione binaria.
Bisogna poter contestualizzare questo progetto e orientarlo all’azione. Cosa posso fare per farmi assumere. Inizio a lavorarci, magari chiedendo uno stage.
Il progetto deve essere realistico. Ho realmente le possibilità di lavorare in quell’azienda? La mia qualifica è adatta all’assunzione come responsabile per quello che voglio realizzare? L’azienda sta assumendo? E’ interessata al mio progetto? Come posso fargli arrivare la mia tesi?
Infine il progetto deve avere una scansione temporale: una dead line. Devo farmi assumere entro dodici mesi. Non posso cullarmi all’infinito nel sogno di qualcosa di irrealizzabile.
Il sogno del nostro neo laureato è quindi diventato molto concreto: ha l’obiettivo di farsi assumere entro dodici mesi come ricercatore in quell’azienda con la responsabilità di capo progetto per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico che ha sperimentato all’università. Inizia con il proporsi per uno stage di dodici mesi, al termine dei quali sarà assunto. Sognare un mondo green è senz’altro più romantico, ma questo obiettivo è più concreto.
Una piccola parentesi sulla trasformazione della vita di questo ragazzo: cullarsi nel suo sogno l’avrebbe probabilmente lasciato sul suo divano nella speranza che il mondo si accorgesse di lui. Ora si alza la mattina senza bisogno della sveglia e lavorerà tutta la giornata per realizzare il suo obiettivo.
Il sogno del nostro studente è morto sul suo divano, perché il ragazzo è alle prese con le cose che dovrà fare per realizzarlo. A volte lo perderà anche di vista, perché dopo il caffè il suo compito sarà cercare di convincere un altro ingegnere che bisogna utilizzare un materiale diverso da quello che si usa da dieci anni…
Se sei arrivato alla fine probabilmente sari interessato ad i nostri aggiornamenti, per te è pronta un’offerta di iscrizione grauita al nostro blog: