Nello studio di un Consulente filosofico!

C’è molta confusione sulle pratiche filosofiche e a dirla tutta sembra quasi che alcuni Consulenti filosofici giochino sull’equivoco e vogliano mimetizzarsi con terapeuti, professionisti medici o psicologi che curano stati patologici o ottimizzano la nostra mente. Di questo mi sono diffusamente occupato e non è il caso di tornarci.

Ai tanti che mi chiedono cosa succeda nello studio di pratiche filosofiche non so cosa rispondere, perché ogni caso è a parte. Io mi occupo di pratiche filosofiche nello sport e tutto sommato è facile, tanto che ne ho scritto un piccolo libro reperibile qui in formato kindle, così, per il resto, ho pensato di chiedere aiuto ad un mio amico immaginario, Marco Benetti, un filosofo protagonista di altri miei racconti. In questo breve articolo provo a descrivere una delle declinazioni possibili della pratica filosofica, esercitata da un tipo un po’ sui generis ma che mi ispira fiducia e simpatia.

Marco non ha molti appuntamenti in agenda, così spera di non dover rinunciare alla pratica con il suo primo cliente della giornata, Luigi. Il tipo arriva in perfetto orario, educato, parla lentamente, pare che conosca il fatto suo. Un buon inizio. Luigi appare subito equilibrato, tranquillo, ricercato nel parlare.

Marco Benetti tira un sospiro di sollievo: per ora allontana il sospetto che sia meglio indirizzare il nuovo cliente ad uno psichiatra o ad uno psicologo: questo del sospetto è il massimo della valutazione alla quale può arrivare il consulente filosofico specializzato, dopo una prima interlocuzione che parte dalla domanda: mi racconti di lei.

Dopo un po’ il consultante ha voglia di chiarire il motivo della sua presenza nello studio del filosofo. Sto qui perché mi pare che la vita mi scivoli addosso. Vivo la mia quotidianità senza esserne protagonista. Faccio sempre le stesse cose, non mi sento motivato. Ho un buon lavoro, una compagna, buoni amici, ma mi pare di vivere le mie giornate con il pilota automatico inserito.

Bene. Non stiamo parlando esplicitamente di ansia, depressione, pulsioni omicide o suicide. In questo momento non c’è bisogno di tirar fuori dal cassetto il biglietto da visita dell’amico psichiatra. Forse il tipo in giacca e cravatta, moderatamente colto, in leggero sovrappeso ne avrà anche bisogno, ma il consulente non può fare diagnosi neanche sull’assenza di nevrosi e psicosi, l’importante che il tizio non sia entrato nel suo studio scambiandolo per qualcos’altro.

Marco Benetti è uno serio. Gli fa firmare un contratto. Nessuna terapia, ben che meno nessuna somministrazione di farmaci. Un ciclo di chiacchierate filosofiche, senza impegno di “guarigioni”, al prezzo di settanta euro a seduta, comprensive di ricevuta fiscale, non detraibile, non deducibile. Non ci sarà propaganda religiosa o politica. Non esiste alcun albo. Sul retro sono riportati alcuni articoli della legge n. 4 del 2013 e il curriculum del mio amico: laurea in filosofia, phd, tre o quattro master specifici. C’è anche un attestato per un corso professionale da cuoco e uno da giardiniere. Sono strumenti di pratica filosofica che talvolta Marco usa. Oltre al nome del cliente il mio amico compila a mano l’obiettivo delle chiacchierate:

trovare consapevolezza nella propria quotidianità.

Niente è dovuto per quel primo approccio esplorativo.

Poi il filosofo, dimostrando tutta la sua praticità, va al piano d’azione che compila insieme al suo consultante:

Ok, se lei è d’accordo le propongo: un percorso che si articola in cinque attività da svolgere ciascuna in tre settimane, al termine delle quali ci rivedremo. Ognuna di queste tappe sarà contrassegnata da una pratica che lei dovrà svolgere e della quale parleremo insieme in un incontro della durata di un’ora precisa, dal momento in cui lei entra nello studio a quello in cui esce. Prima di questo incontro, se lo ritiene, mi spedirà per email i compiti fatti a casa o qualsiasi cosa le venga in mente in vista del nostro incontro, le garantisco che leggerò tutto, ma non sono tenuto a risponderle.

L’incontro preliminare è durato circa trenta minuti, è stato molto cordiale, empatico, i due, filosofo e consultante, si sono scambiati i numeri di telefono (il consulente ha consegnato un numero del telefono dello studio associato, da utilizzare soltanto in certi orari), le email, qualche impressione sul tempo che stiamo vivendo, sulla tecnologia che è diventata protagonista delle nostre vite ed anche sullo sport. I due hanno scoperto di tifare per squadre di calcio rivali, ma di essere stati entrambi “allevati” ai colori sociali dai rispettivi genitori, la madre per il filosofo, il padre per il consultante. Un vecchio trucco, forse, per stabilire un terreno comune neutro, un campo in cui il consultante non si senta un paziente o un cliente, ma uno che sta sullo stesso piano del proprio Consulente, che diversamente da lui è soltanto un esperto di filosofia e di pratica filosofica. Niente altro. Siamo sulla stessa barca. Quelli della PNL chiamano questa cosa rapport e ricalco, il nostro filosofo detesta la PNL, ma ritiene che una concessione all’empatia, almeno nel primo incontro vada fatta. Del resto a lui del calcio non interessa nulla e quindi non sta raccontando qualcosa della sua vita privata, il che si scontrerebbe con un livello minimo di deontologia professionale.

Il primo compito sul quale vorrei che lei lavorasse le porterà via dieci minuti al giorno. Rifletta nella seconda parte della giornata, preferibilmente la sera, su qualcosa che le è successo quel giorno e ci rifletta con un metodo che lei ritiene possa essere definito filosofico. Le faccio un esempio: ho preso una multa, avevo effettivamente parcheggiato la macchina in divieto di sosta. Questo fatto potrebbe portarla a riflettere sulla giustizia o sul potere. Cosa è la giustizia? Che nesso c’è tra giustizia e regole? Se fossi stato in una situazione di emergenza sarebbe stato giusto parcheggiare in divieto, ad esempio per correre in farmacia a comprare medicine per mio padre anziano fortemente influenzato e a rischio complicazioni? Che differenza c’è tra una norma alla quale mi sento obbligato moralmente e la legge? Tra giusto e lecito? Conosco filosofi che si sono occupati di questi temi? Cosa hanno detto? Può anche chiacchierare con un amico, un familiare o chatgpt, l’importante, in questo caso, è che controlli gli eventuali riferimenti che l’AI le darà generosamente. Si fidi, chatgpt può aiutare a chiarirsi le idee. Alla fine della riflessione annoti su un taccuino, un quaderno, sul computer poche parole sulla sua riflessione, ad esempio la sua conclusione potrebbe essere apparentemente molto semplice: è giusto che chi commetta un’infrazione che danneggia la comunità la risarcisca in misura proporzionale al danno che ha arrecato.

Il filosofo sa bene che il tipo a volte salterà il compito, potrebbe anche far finta di averlo fatto e poi aver compilato tre o quattro giorni insieme.

Capita di tutto. Tutto quello che capita ha un senso. Non c’è una risposta giusta. Non c’è un’esecuzione sbagliata.

Comunque basta attendere che trascorrano tre settimane, che passano, per il Marco, con una manciata di clienti, tanto che la sera, per mantenersi, collabora come Sous Chef in un ristorante di un amico comune.

Mi dica, come si è trovato con questo lavoro?

Il consultante potrà rispondere una serie di cose che il filosofo ha il dovere di prendere per autentiche, casomai può scovarne eventuali contraddizioni. Con rispetto dovrà eludere riflessioni sulla tecnica filosofica, l’autocompiacimento del consultante per i grandi pensieri espressi o, al contrario, la frustrazione per non essere riuscito a far di meglio.

Non giudicare!
è il mantra della pratica filosofica.

La domanda cruciale e potente nel caso specifico sarà: che impatto ha avuto questo esercizio giornaliero sulla sua vita?

Marco è una vecchia volte, aspetta il momento giusto per porla, quando la mela sarà matura e potrà cadere dall’albero scosso. Per ora Luigi ha voglia di parlare, di raccontare. Il bello, rispetto alla terapia, che in questo momento tutto quello che dice non ha alcuna importanza.

La mission, scritta nero su bianco nel contratto, è: prendere consapevolezza!

Per il secondo periodo di tre settimane il mio amico si gioca il Jolly e lo fa con l’enfasi e l’eleganza di un grande cuoco. Solleva la cloche che nasconde una portata succulenta. Nella fattispecie, non trovandosi nella sua cucina, estrae da un cassetto un opuscolo molto colorato, una trentina di pagine rilegate con una spirale e con copertina in plastica trasparente. Il titolo è personalizzato: ” Trenta citazioni per Mario Rossi”. Se uno entra nel ristorante di un filosofo vuole mangiare filosofia. Questo mi dice sempre Marco.

Guardi, ho preparato per lei queste trenta citazioni, con non più di due righe di commento per ciascuna. Ne scelga liberamente una al giorno per i prossimi ventuno giorni e dedichi a ciascuna dieci minuti di meditazione: si chieda come quella citazione risuoni nella sua vita e quale importanza abbia per lei. Si chieda anche perché tra tutte, proprio quella l’abbia colpita. Scarabocchi pure l’opuscolo e in calce ad ogni frase scelta segni una valutazione da uno a dieci. Dieci è la pertinenza massima della citazione alla sua routine quotidiana. Si fermi, osservi gentilmente le parole. Lasci correre il suo pensiero, assapori, gusti, non deglutisca. L’imporante è che la frase sia masticata rispetto alla sua vita di oggi, non al suo passato o al suo futuro. Che rapporto ha con il tempo? Intendo il passato e il futuro?

Del futuro non ho preoccupazioni, per il passato qualche rimpianto.

Guardi, il passato è il presente che non c’è più, il futuro il presente che non è ancora. Non ci interessano né l’uno, né l’altro. Pensare al passato o al futuro è come mangiare un bel piatto di lasagne pensando a quello che abbiamo mangiato ieri o mangeremo domani. Se ci chiedono come sono queste lasagne? mica possiamo rispondere: la pasta di ieri mancava di sale, quella di domani è troppo condita. Quindi, mangi oggi e si goda il piatto.

Ecco, guardi questa di Epitteto, che ne pensa? “Non sono le cose a preoccuparci, ma le opinioni che abbiamo su di esse.”

Come dice? Nessuna pertinenza? Lei si preoccupa dei fatti e non di quello che pensa dei fatti? Perché? Ha raggiunto la capacità di prendere le distanze oppure per disinteresse verso quello che la circonda?

Ecco, esattamente sono venuto da lei perché non m’importa molto dei fatti che mi accadono, quindi neanche sono preoccupato di quello che penso a proposito, perché non penso nulla…di queste lasange. Mando giù e basta.

Quindi da uno a dieci quanto dà ad Epitteto?

Due.

Due per la frase in sè o per la sua pertinenza?

Diciamo che mi piacerebbe avere a che fare con questa frase, ma sono venuto qui proprio perché niente mi turba, mi fa contento, mi procura dolore.

Luigi inizia diligentemente il lavoro a casa e per due o tre giorni va avanti. Poi se ne dimentica. Pensa di imbrogliare, di presentarsi con le ventuno citazioni scarabocchiate. Invece non lo fa: si affaccia con qualche esitazione nello studio del mio amico e confessa con una certa spavalderia di aver lavorato i primi tre giorni, nei quali ha selezionato le prime tre citazioni, compresa quella di Epitteto, e gli ultimi due, quando l’appuntamento con il filosofo si guadagnò la prima pagina del suo planner da tavolo e divenne una cosa della quale occuparsi.

Proprio in questi due ultimi giorni ha trovato una frase che meritava un bel10.

E’ Carl Marx, XI tesi su Feurbach: “Fino ad oggi i filosofi hanno pensato di intepretare il mondo, si tratta di trasformarlo”.

Mi racconti, perché l’ha colpita questa citazione?

Il consultante inizia con una storia, si vede che si è documentato. La citazione non è mai stata pubblicata da Marx, ma trovata da Engels in un libretto, insieme alle altre dieci tesi. Ha a che vedere con Hegel…

No, lasciamo perdere Marx e l’esegesi di questa tesi su Feuerbach. Mi dica soltanto perché l’ha colpita e la ritiene pertinente. Ricorda le lasagne? Il punteggio era sulla pertinenza alla sua vita qui e ora.

Beh, sono in un periodo di cambiamento e trasformazione, almeno voglio trasformare qualcosa della mia vita. A questo mi serve la filosofia, a vivere il cambiamento verso la mia vecchiaia in maniera consapevole, trasformando il mio approccio.

Marx, sarebbe morto, ma una volta che uno scrive una frase la consegna al mondo. Mi pare un’ottimo sentimento il suo. Mi sa indicare un fatto specifico nel quale vuole che la sua vita sia trasformata dalla filosofia?

No, non saprei. Tutto e niente.

Niente?

Intendo che la mia vita va bene così devo cambiare io perché non la sento.

Ha appena detto che la sua vita va bene così. Quindi, la sente. La sente “bene”.

Sì, va bene. Vorrei sentirla di più, più mia.

Perché, di chi è?

Di nessuno, ma neanche mia.

Si parte con il terzo compito. In tre settimane il consultante dovrà cercare qualcosa o qualcuno per cui dire grazie alla vita e rifletterci sopra.

Il C O M P I T O del G R A Z I E, scandisce Marco nel congedare il Luigi.

Puntuale, dopo tre settimane, il consulante varca la soglia dello studio e mentre è ancora in piedi svolge il suo tema:

Mia moglie. Non abbiamo figli, ma averla al mio fianco è la cosa più bella della vita.

Ok, ha mai letto Platone? Cosa sa del mito presentato nel Simposio.

Un vago ricordo si scuola. Che c’entra?

Gliela faccio breve: gli uomini erano ermafroditi con quattro braccia e quattro gambe, vivevano felici perché avevano tutto ciò che a loro serviva, ciascuno era una mela perfetta. Zeus, invidioso di questa condizione umana, li divise a metà. Da quel giorno ogni metà cerca l’altra metà. Ci si ritrova?

Uhmm, non direi proprio, nel senso che io e mia moglie apparteniamo a due mele diverse. Quello che piace a lei non piace a me. Vede? Io sono sedentario, lei è una sportiva. Io amo mangiare, lei è vegana e mangia come un uccellino. Io conto fino a dieci prima di parlare, lei ha sempre una risposta pronta. Però stiamo bene insieme e ci capiamo al volo.

Ok, ricorda il motivo per cui è venuto da me? Come fa a farsi scivolare tutta la vita addosso? Con una compagna così sarà divertente? O è diventato monotono anche essere così diversi? Per amarsi bisogna completarsi o trovarsi? Ha mai detto grazie a sua moglie per questo rapporto?

No, no, lo ferma Luigi, ancora in piedi. Sono venuto per ringraziarla e saldare il mio conto.

Poi continua con una storia ascolata mille volte: questi tre lavori sono stati sufficienti, gli hanno fatto apprezzare le sue giornate, i suoi affetti, ora vive pienamente la sua vita. Non vuole rubare tempo al filosofo. Pagherà anche per quest’ora, ma lo lascia libero di occuparsi d’altro.

Naturalmente rispetto la sua scelta, ma visto che paga voglio ugualmente sfruttare un po’ del tempo a sua disposizione, perché voglio capire meglio, se lei è d’accordo, sia chiaro.

Posso?

Sì, prego.

Le faccio una sola domanda: se dovesse identificare questo periodo della sua vita con una stagione, quale sceglierebbe?

L’autunno, ho cinquantatre anni, tra un po’ arriverà l’inverno, intanto mi godo il foliage. Chiosa, con una certa ironia compiacente, l’ex consulante.

Ok, mi piace. Che senso ha per lei aver concluso questo percorso proprio nel suo autunno?

Credo di aver messo un punto. Mi piace affrontare quello che mi resta con una diversa consapevolezza. Vengo da un piccolo paese delle Dolomiti: da noi in autunno ci si prepara all’inverno.

Riflettiamo su un fatto: lei ad un certo punto della sua vita ha pensato che le stesse sfuggendo via qualcosa, le sue stesse giornate, poi ha ripreso i comandi della sua auto, ma pensa che la direzione sia la fine del viaggio e (mi complimento) accetta questo con grande serenità. Che senso ha tutto questo? Non dico il senso di marcia che lei stesso ha indicato, ma il significato di questa sua presa di coscienza.

Guardi dottore, come le ho detto mi sento molto meglio, anzi non userei il termine di paragone, non esiste un meglio o un peggio: ora mi sento consapevole. Capisce? Ora sto mangiando le mie lasagne. Mi gusto la mia vita, sono grato per mia moglie, il lavoro che ho e debbo dire, ora sono contento di risvegliarmi ogni mattina… finché dura….

Lo vede? ha sempre in mente la fine di qualcosa…

Già. Non saprei, ma è così. Mi pare di vivere aspettando la fine.

Marco, lo sa. Questo è il momento in cui il cliente ha bisogno di una sola cosa. Sedersi, bere un bicchiere d’acqua e prendere un klenex.

E’ anche il tempo della domanda, della mela che cade: cosa hanno significato per lei queste settimane di riflessione?

Niente dottore. Mi è sembrato di perdere tempo. Però ho cominciato a pensare che dovrei riflettere sulla mia vita con maggior cura.

Le faccio una proposta: accorciamo il percorso: due soli altri compiti, come era previsto dal nostro contratto, ma ci vediamo a distanza di una settimana.

Sì, ma non so se la pagherò ancora.

Bene, accetto il rischio. Diciamo soddisfatti o rimborsati.

Questa settimana faccia due o tre passeggiate nella natura. Sa, c’è una cosa strana: mentre lei si sente in autunno siamo in pieno inverno. Anche a me sarebbe piaciuto che fosse estate, sarebbe stato più facile. Ma stiamo in inverno. Due o tre giorni fa è nevicato anche qui, in città. Mentre cammina si guardi intorno, osservi quello che cattura la sua attenzione: un albero spoglio, un paio di uccelli che non migrano, l’erba umida. Immagini quello che succede in inverno sotto l’erba umida. Potrei raccontarglielo, ma si fidi sono anche un giardiniere, non dorme un bel niente: i cicli vitali sono rallentati, ma niente è fermo. Si ponga domande filosofiche, quelle toste che riguardano la vita, la morte e il posto di ciascuno di noi nell’universo. Ci ha pensato? Lei, come tutti noi, vede le stagioni della vita come una linea: primavera, estate, autunno e l’inverno che si porta via tutto. Ma non è così, la natura è ciclica: dopo la notte nasce sempre il sole, dopo l’inverno viene sempre la primavera e senza quello che succede in inverno non potrebbe esserci primavera…ci pensi sopra.

Il lunedì i convenevoli furono freddi e preannunciavano tempesta. Ci sarebbe voluto ben più di un’ora. Luigi si abbandonò sulla poltroncina con la zip del giaccone North Face appena allentata. Era rosso, accaldato. A Marco piace un certo tepore nel suo studio e pensa che questo metta a proprio agio i clienti, ma diamine, quello era vestito come Messner in cima al mondo e dentro erano almeno 24 gradi.

Dottore io non mi sento in autunno manco per il cazzo. Non voglio morire e non voglio perdere la mia forza. Non voglio l’inverno. Lei mi ha voluto incasinare la vita. Le avevo detto che stavo bene e che avremmo dovuto farla finita con questa storia. Accettare la vecchiaia, la morte, non è questa una scelta filosofica e consapevole? Non le bastava? Uno stupido albero rinasce ad ogni primavera, perché la mia vita dovrebbe finire e basta? Non lo accetto. Non lo voglio e stavo meglio prima di farmi tante domande.

Guardi io non le ho mai detto che venendo da me avrebbe trovato la pace. Rilegga pure il contratto. Lei mi ha chiesto: può aiutarmi ad evitare che le giornate scorrano via senza che io me ne accorga, senza che le assapori? Mi pare che stiamo a buon punto. Quanto al suo problema non ho risposte e temo che nessuno le abbia.

Però le do un ultimo compito. Creiamo un suo manifesto personale: rifletta sul suo percorso di questi tre mesi ed esprima i suoi valori fondamentali e le tue convinzioni filosofiche, ad O G G I. Se posso permettermi un consiglio lo scriva con la brutalità e la franchezza con cui si è presentato qui in questa seduta, miri alla giugulare.

La risposta arriva per email in poche ore.

“Credo che la vita sia troppo bella perché finisca. Non so se avrò una nuova primavera, ma cazzo, ogni stagione merita di essere succhiata al massimo. Credo che l’unica cosa da fare ogni sera è ringraziare di aver vissuto una giornata su questa navicella e l’unico proposito da avere ogni mattina, dopo essersi accertati di respisare e che il sole sia sorto ancora una volta, è di andarsi a prendere quello che c’è fuori dalla porta di casa, oppure restare in pantofole e godersi una giornata di riposo. Non me ne frega niente di quello che pensano di me gli altri, o meglio, me ne frega, ma non mi cambia la vita. Non ho pensieri sulle cose e quindi non temo quello che potrebbe accadere, quando accadrà continuerò a non aver pensieri in proposito. Spero soltanto che la mia compagna un giorno non mi guardi dritto negli occhi e non mi dica che non ne può più di me e della mia vita, o se mai lo farà spero che quella sia una liberazione per entrambi, perché certo non siamo due metà della stessa mela, ma fino ad oggi ci siamo incastrati alla perfezione, alla faccia di Zeus. Infine non credo di aver sprecato i giorni della mia vita precedenti ad oggi, perchè la filosofia mi ha aiutato a trasformare il passato e il futuro nel presente, però credo di aver buttato trecentocinquanta euro da dare al filosofo, perché se ci avessi pensato prima sarei potuto arrivarci da solo. Casomai sarebbe stato meglio pagarlo per imparare a cucinare queste maledette lasagne che ho in mente da quando ne abbiamo parlato.”

La scommessa per Marco ora era semplice: il tipo si sarebbe presentato all’appuntamento? Certo, il riferimento ai soldi buttati faceva pensare che lo avrebbe pagato, ma come? Quando?

Luigi si presentò puntuale, sicuro si sé e con un mazzo di bancote in mano. Tutte da venti euro e una da dieci, parve di comprendere al filosofo dopo un’occhiata furtiva che non sfuggì al suo ormai ex cliente.

Mi fa un ultimo regalo?

Se lei mi fa uno sconto…

OK, le toglo cinquanta euro, così penserà di averne buttati solo trecento. Posso inserire questa sua riflessione all’inizio del libro delle citazioni, per ogni mio cliente?

Diciamo che l’ultima seduta proprio non la pago e poi vorrei essere citato con nome e cognome. Sa, un po’ di pubblicità non guasta.

Bene, mi complimento con lei. Credo che abbiamo concluso il nostro lavoro. Ecco la ricevuta e buona vita!

Ah, aspetti un attimo, non so se ne avrà mai bisogno, ma questo è il biglietto da visita di un mio amico psichiatra che una volta a settimana riceve in questo studio… no, guardi, non la prenda sul personale, lo consegno a tutti i miei clienti, non si sa mai.

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