IL TRADIMENTO DI SALA
Gentrificazione, una brutta parola. La prima volta che ho avuto il sentore che fosse diventata d’attualità e pop è stata quando questo termine si è messo eplicitamente al centro di una serie Netflix, la proprietaria di un ristorantino alle prese con un arrogante investitore immobiliare che voleva espropriarla. Vedremo che questa brutta parola è la vera protagonista della recente vicenda milanese.
Il fenomeno è globale e parte da lontano, molto lontano. L’ esempio più importante è dato proprio da Donal Trump e dalla vicenda Commodore. L’edificio, nei pressi della Grand Central Station, fu acquistato dall’attuale Presidente grazie a una joint venture con la catena Hyatt. Ma il vero colpo di genio (e scandalo) fu l’accordo siglato con la città: un’esenzione fiscale di 40 anni, la più lunga mai concessa allora.
Lui guadagnava in cambio di una esenzione fiscale. Bizzarro.
A opporsi all’operazione fu il sindaco Ed Koch, inizialmente contrario a concedere un’esenzione tanto generosa a un giovane imprenditore privato. Koch temeva un precedente pericoloso: “Perché dovremmo sovvenzionare un miliardario per costruire un hotel di lusso?”Che poi all’epoca tanto miliardario Trump non era. Ma le pressioni politiche, più o meno legittime e la crisi economica dell’epoca convinsero l’amministrazione a piegarsi.
Il motivo che spinse gli amministratori di New York a cedere è tuttora ricorrente: la convinzione che il progetto stimolasse la rinascita di Midtown Manhattan, in un contesto che vedeva il pubblico arrancare.
In queste vicende compaiono sempre oscuri personaggi che fungono da tramite tra il mondo dell’imprenditoria e quello della politica. Il ruolo chiave nella vicenda del Commodore fu giocato dall’avvocato Roy Cohn, figura controversa e potente, noto per essere stato il braccio destro del senatore Joseph McCarthy durante le udienze anticomuniste degli anni ’50.
Nel caso del Commodore Hotel, fu proprio Roy Cohn a negoziare — con estrema aggressività e abilità — l’esenzione fiscale pluridecennale con la New York City Board of Estimates. La sua influenza, i suoi contatti e il suo stile spregiudicato furono determinanti per superare le resistenze iniziali del sindaco Ed Koch e degli altri membri dell’amministrazione.
Il Commodore deal fu il paradigma della gentrificazione pilotata: rischio pubblico, profitto privato.
Trump non si fermò, il suo modello ha pervaso tutte le grandi metropoli: ha trasformato Manhattan, sfrattando l’anima popolare per far posto al kitsch di lusso in grado di soddisfare l’ ego dei ricchi acquirenti di lussiosi appartamenti con skyline incorporato. Dopo il Commodore, nel 1983, è stata la volta della Trump Tower sulla Fifth Avenue, poi, in rapida successione, Trump Parc, Trump Park Avenue: cemento, vetro e narcisismo dove prima c’erano storia e comunità.
Il termine gentrification nasce però molto prima, negli anni ’60, per mano della sociologa britannica Ruth Glass, era il tempo in cui alcune aree popolari di Londra venivano occupate da classi medie e professionisti. Livello di preoccupazione da uno a 10, soltanto 5. Da allora però, il fenomeno si è diffuso in tutto il mondo occidentale — da New York a Parigi, da Berlino a Milano — trasformando i quartieri un tempo operai in zone alla moda, escludendo progressivamente chi viveva in quartieri popolari da generazioni.
Le gentrificazione viene spesso spacciata per rinnovamento e riqualificazione ed è vero.
Quello che la parola sottonde in maniera esplicita è però che si tratta di un processo di espulsione sistematica delle classi popolari dai quartieri in cui hanno vissuto per generazioni. Al loro posto uffici prestigiosi, promiscui ad abitazioni per ricchi.
Ho chiesto a chatGpt di descrivere questo processo dandole dei parametri stilistici e di contesto, mi sono preso la briga di guidare l’IA in uno stile deciso e graffiante:
La gentrificazione è quel lento ma inesorabile riscrivere della mappa urbana. È quando il quartiere dimenticato dai piani regolatori, con i muri scrostati e le saracinesche abbassate, si risveglia sotto l’occhio famelico del capitale. Prima arrivano i creativi, poi i bistrot, infine i palazzinari. E con loro, salgono gli affitti, cambiano i volti, spariscono le botteghe storiche. I vecchi residenti? Costretti a lasciare, non per scelta, ma per prezzo. È il restyling della città, ma con una ricevuta che pochi possono pagare.
OpenAi, ChatGPT, prompt mio
A volte chattina, come la chiamiamo tra amici, sa essere perfetta.
La cosa, anche se allora non sapevo che si chiamasse gentrificazione, mi è apparsa tanto chiara quanto particolormente odiosa intorno agli anni 90 del secolo scorso. Ci fu un fatto che mi spinse a riflettere. Allora ero un attivista verde. Quella era un’epoca in cui se succedeva qualsiasi cosa che riguardava l’ambiente in senso molto lato si cercava qualcuno che conoscesse un verde. Poi tutti votavano per chi gli avesse sistemato l’abuso edilizio, ma questo è un fatto di folklore.
Anche se il mio livello nella gerarchia del partito era molto basso fui chiamato a casa di un amico di un amico a Testaccio. Fu un’imboscata, trovai riuniti quasi tutti i condomini. Questo amico di un amico era un funzionario pubblico di ottima famiglia, al momento in cui vinse il concorso si trasferì a Roma da Avezzano. Aveva comprato un delizioso appartamento nei pressi di Piazza Santa Maria Liberatrice da un vecchio mobiliere che aveva chiuso la sua bottega e si era trasferito dalle parti di Frattocchie. Avrebbe passato gli ultimi anni della sua vita a fare il contadino, con un gruzzoletto da parte dovuto al suo lavoro e alla vendita della casa in cui aveva vissuto con i suoi genitori.
Ecco, il fatto era questo: l’amico del mio amico e i suoi condomini volevano essere liberati dalla pizzeria che avevano sotto le loro finestre e che impediva il loro riposo, “non si riesce neanche a scrivere una poesia”, ricordo che mi disse un tale di origine inglese. Insomma, i tuoi amici verdi possono fare qualcosa?
In quel quartiere, prima, ci abitava gente del popolo, io sono cresciuto alla Garbatella, conosco la storia. La pizzeria è stato il primo livello di gentrificazione ed ha scacciato la vecchia bottega artigiana, proprio quella del mobiliere (che non era così bravo da essere definito ebanista), poi sono arrivati i poeti e gli artisti, infine i professionisti, i funzionari pubblici, quelli con maggiore capienza economica.
Sembra una parodia della Fiera dell’est.
Ora, per inciso, la pizzeria non c’è più, sfrattata a sua volta da due localini alla moda che incentivano la movida dei giovani provenienti da tutta Roma e non solo.
Che fine ha fatto tutta la gente che abitava in questi quartieri?
Fortunatamente a Testaccio non sono riusciti ad arrivare i palazzinari, ma solo i ricchi che hanno comprato case al posto dei vecchietti che se ne sono andati o che hanno ceduto al triste istituto della “nuda proprietà”.
Ma al confine di Testaccio sì, il grande capitale si è mosso. A Ponte Spizzichino, tra Garbatella e Ostiense, dove al posto di tre casupole diroccate sorge un complesso da tre edifici di nove piani che hanno chiuso la vista ai palazzi retrostanti, Piazza Navigatori, da quelle parti nascerà un bosco verticale (qui) e prima ancora la Stazione Ostiense, già con il pretesto dei mondiali di calcio del ’90.
“Riqualificazione”, QUANTE FAMIGLIE SONO STATE SFOLLATE NEL TUO NOME? MILANO E BEPPE SALA, QUANDO LA SINISTRA E’ TRUMPIANA
La gentrificazione non è un fenomeno spontaneo, ma il risultato di precise scelte politiche ed economiche. Il processo inizia tipicamente con investimenti pubblici in infrastrutture e servizi in quartieri tradizionalmente popolari, seguiti dall’arrivo di investitori privati che acquistano immobili a prezzi bassi per rivenderli a cifre astronomiche. Il Comune si toglie un impiccio, il capitale fa quello che sa fare, muoversi e crescere. La città cambia volto, soprattutto cambia il dress code di chi l’abita.
Il connubio pubblico/privato è la benzina del processo.
Il pubblico ottiene un centro cittadino lindo e pinto, al passo con i tempi, gente rispettabile che lo abita, turismo di passaggio, ordine. Il privato muove capitale, spesso di provenienza sospetta, e fa soldi. Tanti soldi.
Il risultato è inevitabile: l’espulsione degli abitanti storici, incapaci di sostenere l’aumento vertiginoso dei costi abitativi.
Qui sotto una mappa dei prezzi degli immobili a Milano, ricavata dai contratti effettivamente conclusi da una nota agenzia immobiliare.

A Bollate si vende una casa a 2.281 €/mq e la si affitta a 11,68 €/mq, a nelle zone Moscova, Garibaldi, Porta Nuova la vendita è 9.866 €/mq, con picchi a 11.387 €/mq, l’affitto arriva a 30,59 €/mq, cioè poco meno di 2500 euro mensili per una casa di 80 metri quadri. Google Maps ci dice che da Bollate a Via Pirelli, il Pirellino è una delle costruzioni indagate nelle recenti vicende milanesi, passano 16km, da percorre in 21 minuti in un momento di traffico moderato. A questi prezzi dove volete che decida di andare a vivere uno che per i casi della vita si trova ad abitare in una zona residenziale di Milano, ma non disponga di un grande reddito? Dove crediamo che voglia investire un immobiliarista?
Bollate o Moscova?
Milano rappresenta il laboratorio più avanzato di gentrificazione.
Il quartiere Isola, un tempo operaio e multietnico, è stato completamente stravolto dal progetto Porta Nuova. Grattacieli di lusso e uffici corporate hanno rimpiazzato le case popolari, espellendo famiglie immigrate e anziani pensionati che non potevano permettersi gli affitti quintuplicati.
La narrazione ufficiale parla di “riqualificazione urbana”, ma la realtà è quella di una pulizia sociale mascherata da progresso.
In una delle conversazioni registrate dalla magistratura si legge che Boeri, archistar coinvolta nelle indagini, si lamentava con il Sindaco Sala: «Se posso permettermi: bisognerebbe dire a Majorino che più trattiamo coi guanti homeless più ne arrivano>>
Non c’è spazio per niente e nessuno che offuschi la città dei grattacieli e, aggiungiamo alla faccia delle archistar, del kitsch.
Anche zone storicamente popolari come Lambrate e Greco stanno subendo la stessa sorte. La stessa app che ho citato sopra dà per Lambrate un affitto medio di 18,62 €/mq, questo significa che un appartamento di 80 mq si affitta ad un canone di 1.489 euro al mese.
C’è da dire che i fatti di eventuale rilevanza penale saranno accertati dalla magistratura, ma Milano ha iniziato questo processo da molto prima di Sala.
Un articolo de Il Sole 24 ore annunciava, nel 2017, con una certa enfasi, 15 miliardi di investimenti nel settore immobiliare a Milano
È il dato più eclatante del Rapporto 2017 “Milano challenger – sul podio d’Europa” di Scenari Immobiliari con Vittoria Assicurazioni.
Il Sole 24 Ore, 17 maggio, 2017
Per lo studio ci sono nel futuro più di 15 milioni di metri quadrati da riprogettare. Quale il driver che porta a Milano tanta liquidità? L’attrattivtà che la città ha conquistato negli ultimi anni e che l’ha resa seconda solo a Monaco nell’Indice di competitività delle città europee.
Lecito pensare che chi ha votato Sala volesse sovvertire la situazione anche in materia urbanistica e che quindi sia stato tradito.
Anche processi virtuosi, come l’apertura di nuove linee metropolitane, un servizio per i cittadini, si trasformano sistematicamente in un acceleratore di speculazione immobiliare che favorisce solo proprietari e sviluppatori.
Lo dico da ex verde: il fichetto che abita in centro gira con la bici (quasi sempre a pedalata assistita) e possiede un’auto elettrica, che tra l’altro occupa tanti parcheggi con colonnine di ricarica su suolo pubblico.
I cittadini che vivono in periferia, non hanno bisogno di una linea che li porti in centro, se non che per lavorare o fare shopping in catene di negozi uguali in tutta Europa.
L’errore che fanno molte grandi città è concentrarsi su direttrici di trasporto periferia/centro, la maggior parte dei cittadini ha bisogno di comunicazioni intraperiferiche.
Ma oltre Milano cosa succede? Ecco alcuni casi emblematici.
Berlino: quando cade il muro
Non solo Milano. Berlino Est rappresenta forse l’esempio più chiaro di gentrificazione accelerata in Europa. Quartieri come Kreuzberg e Friedrichshain, un tempo rifugio di artisti, studenti e immigrati turchi, sono stati completamente trasformati in meno di vent’anni. L’arrivo massiccio di tech companies, startup e “nomadi digitali” ha fatto schizzare i prezzi degli affitti del 104% tra il 2007 e il 2017. Le famiglie turche di seconda generazione, radicate nel tessuto sociale del quartiere, si sono trovate costrette a lasciare le proprie case per trasferirsi nelle periferie, perdendo non solo l’abitazione ma un’intera rete sociale costruita in decenni.
Lisbona: il turismo al quale fare spazio
La capitale portoghese offre un altro caso paradigmatico. Il centro storico di Alfama e Bairro Alto, tradizionalmente abitati da pescatori e operai, è stato invaso da Airbnb e boutique hotel. Questo ci darebbe l’occasione di aprire un capitolo a parte su turismo e l’affitto Airbnb. In chiave di gentrificazione il fenomeno è piuttosto semplice: chi ha a disposizione una casa in una zona da reddito, spesso si allontana e lascia le chiavi in un lucchetto con combinazione. Chiunque sia il soggetto che affitta un Airbnb il risultato è lo stesso: un effetto domino sui prezzi degli affiti che rendono impossibile per i residenti storici trovare alloggi a prezzi accessibili.
Il risultato è una città-museo svuotata della sua autenticità, dove i vecchi abitanti sono stati sostituiti da un flusso costante di visitatori temporanei. Città bella e impossibile.
Alternative possibili
Ripetiamo, la questione politica non è se Sala, il suo assessore e gli imprenditori abbiano violato o meno il codice penale. Questo lo decide la magistratura.
La questione è che Sala ha ceduto al modello Trump.
La cosa grave è che lo abbia fatto da sinistra, questo significa che il modello è universale e trasversale.
A Roma, per intenderci, sta succedendo la stessa cosa (in termini meramente urbanistici).
Si può concedere la licenza di un boschetto verticale in cambio di un sottopasso della Colombo? I sostenitori del sì sponsorizzeranno questa scelta in nome della riqualificazione cittadina. Una piazza pedonale che unisce Piazza Navigatori con Garbatella sarebbe il fiore all’occhiello per una città di mezzo, non proprio centro storico, ma in grado di attrarre movida, negozi, bistrot.
Che fine fa la storia viva della Garbatella, dei suoi abitanti dei suoi musei a cielo aperto? Chi abiterà il quartiere? Un verde tra dieci anni sarà chiamato da un altezzoso acquirente di un appartamento ex casa popolare vicino Piazza Rosa Raimondi Garibaldi perchè sotto casa schiamazzano fino a tardi? Un investitore si lamenterà con il Sala di turno per il decoro del suo investimento sporcato da un senza tetto?
Cosa dovrebbe fare un pensiero pratico alternativo in campo urbanistico?
In parte me ne sono già occupato nel 2022 (qui), ma credo che le vicende attuali pongano ulteriori domande.
La vecchia riflessione alternativa a sinistra era centrata sul valore della casa come diritto. Oggi dovremmo sviluppare questa riflessione nel senso di indagare se sia giusto che la casa sia trasformata in una merce, il cui commercio non solo è deregolamentato, ma addirittura vede la partecipazione del pubblico, il quale, sempre più incapace di gestire spazi, storia, comunità cede un pezzo di giurisdizione al privato.
La terra urbana è bene comune, non può essere affidata alla speculazione del capitale.
Questa frase oggi suona stravagante e fuori tempo.
L’edilizia dovrà essere pattizia e in deroga, oppure le grandi città sono ancora in grado di sviluppare delle direttrici di sviluppo regolamentate da piani regolatori?
A Milano gli oneri urbanistici sono tra i più bassi d’Europa, questo certifica una voglia ossessiva di richiamare capitali e investitori. Forse sarebbe il caso di distinguere tra investimenti sul nuovo e sulla riqualificazione dell’esistente. Sarebbe una delle strade possibili: non abbattere e ricostruire, ma conservare.
Vienna dimostra che una forte presenza di edilizia pubblica può contenere la speculazione, Barcellona ha introdotto limiti severi agli affitti turistici.
Il candidato Sindaco di New York per i democratici ha posto al centro della sua campagna proprio le politiche abitative ed urbanistiche. Zohran Mamdani ha vinto a sorpresa le primarie, sostenuto da Bernie Sanders e da Alexandria Ocasio-Cortez, centrando il suo discorso sulla gratuità dei mezzi pubblici per i residenti, ma anche su un processo che dovrebbe portare alla dimunuzione degli esorbitanti canoni d’affitto: la costruzione di 200 mila alloggi pubblici da mettere sul mercato a prezzo calmierato. Non è un caso che Mamdani abbia vinto le primarie reclutando il consenso della classe medio bassa e mettendo d’accordo, contro di lui, il New York Times e il New York Post. Entrambi hanno dipinto Mamdani come un rischio, un salto nel buio, il candidato improbabile e, soprattutto per il Post, “pericoloso” per le sorti della città. Lo hanno presentato come la botola spalancata sull’inferno della deregulation e della criminalità senza opposizione (AGI).
In realtà Mamdani sostiene un’altra equazione: la criminalità (in calo a New York) è data dalla emarginazione e dalla marginalizzazione. Dobbiamo combattere la causa, oltreché reprimere il sintomo.
A livello di riflessione generale è petrò interessante il connubio che i sostenitori della gentrificazione mettono sul piatto: investimenti immobiliari/ordine.
Quando il processo non è naturale e così immediato si lamentano con il Sindaco. Intervieni. L’intercettazione di Boeri non ha certo rilevanza penale, ma è straordinaria.
Ora è senz’altro vero che la fatiscenza e il degrado sono strettamente legati all’emarginazione e quindi al dis-ordine. Sembra stravagante però fare i conti senza gli esseri umani: spostare il degrado nelle periferie sposta anche il problema del disordine.
Se proprio deve esserci, spostiamolo dove non lo vedono i turisti e gli investitori.
Il degrado interferisce con il capitale. Il denaro, si sa, non puzza. Il povero sì.
E’ soltanto di pochi giorni fa una affermazione del Sindaco di Roma Gualtieri:
le periferie fanno schifo.
Certamente la citazione andrebbe contestualizzata in un quadro in cui il primo cittadino della Capitale si propone di riqualificarle, ma l’espressione è cinica quanto verosimile e profetica: se riqualifichi il centro, lo vendi a peso d’oro alla upper class e lo affitti per due notti ai turisti che si fanno il selfie sotto la cupola di San Pietro, sposti la marginalità nelle periferie e non sempre riesci a gestire il fenomeno, anzi, non ci riesci mai.
Le Banlieu parigine e le favelas brasiliane sono i casi più drammatici ed evidenti.
Del resto il poveraccio mica possiamo farlo dormire sotto un grattacielo di Boeri.
L’ipocrisia di chi dice che il poveraccio, un essere umano in svantaggiate condizioni economiche e sociali, non deve esistere va confortata con soluzioni, investimenti, mezzi impiegati perché non solo non esistano senza tetto, ma perché ogni essere umano abbia diritto ad una abitazione dignitosa.
La gentrificazione non è inevitabile: è il risultato di scelte politiche precise che tra capitale e comunità scelgono di far lavorare indisturbato il primo.
Una nota personale a conclusione dell’articolo: quello che contesto, con una certa veemenza morale a Sala, non è aver usato interferenze con archistar e uffici comunali, attraverso l’interpretazione controversa di una norma, ma aver ceduto, da sinistra, al paradigma trumpiano. Sì, lo so: nella vicenda milanese sono coinvolte anche case non di lusso, case di periferia, ma questo non cambia il problema. L’attrazione di capitali per costruire in un pericoloso intreccio tra interesse pubblico e privato. La Milano dei ricchi, processo iniziato ben prima di Sala, è stata realizzata da un sindaco di sinistra (e su questo gli unici che dovrebbero lagnarsi sono quelli di sinistra).
Che fare, adesso?
Solo un cambio di paradigma che metta al centro i diritti abitativi e la giustizia sociale può fermare questa macchina di espulsione sistematica che sta trasformando le grandi città in tutto il mondo. Ma forse per far questo ci vuole un candidato sindaco, inviso ai salotti di destra e di sinistra, fresco di cittadinanza (Madmani è cittadino statunitense dal 2018), che non abbia paura di un salto concreto nell’utopia.
