C’è un raggio di sole che mi guida. Dalle persiane accostate filtra nel mio studio e seguendo lo zenit si sposta progressivamente sui diversi libri dello scaffale alle mie spalle.
Lo controllo ogni giorno a mezzogiorno. Ho disposto i miei testi sacri nei punti che il sole raggiunge nelle diverse stagioni. Ognuno di questi, quando è il suo turno di essere toccato dal raggio, illumina le mie sedute.
Non è scientifico? Non è professionale?
Lo è, eccome se lo è. Ogni seduta prende un taglio e quel taglio è ispirato da un grande autore, un grande libro. Meglio che sia ispirato da loro che da me stesso o da qualche inetto che potrebbe venirmi in mente.
Comunque i clienti vengono e pagano. Come si dice: non si è mai lamentato nessuno.
Credo che loro principalmente vengano per essere ascoltati, quindi portano già il loro bagaglio di lamentele, non hanno alcuna voglia di andare a discutere sul taglio che do alle mie sedute. Almeno questo succede la prima volta. Poi le cose si di evolvono, ma a quel punto hanno già firmato il contratto.
In questo periodo i raggi cadono dritti sul Libro Rosso di Jung, che poi è stato pubblicato postumo. Se in vita non ha trovato il tempo di pubblicare quel malloppo di testi raccolti nei suoi cassetti il rivale di Freud avrà avuto una ragione.
Andiamo ai fatti. Stavo giusto pensando a come farmi penetrare dai ricordi che avevo di questa lettura così complicata. Le esperienze visionarie del maestro, la sua introspezione, il suo passaggio verso l’individuazione, il nirvana laico.
Le sue visioni.
C’è un’aurea di esoterico e misticismo negli scritti di Jung, vanno depurati da questa atmosfera o è il succo del discorso?
Ero del tutto assente e vulnerabile, quando alla porta suona il mio prossimo appuntamento, il primo della misteriosa Mrs Again. Aveva lasciato un messaggio in segreteria, aveva fissato lei stessa giorno e ora. Non aveva lasciato recapiti per la risposta. Decisi comunque di riservarle un’ora. Alla peggio avrei schiacciato un pisolino. A dirla tutta: speravo che non si fosse presentata.
La signora (americana? australiana? inglese?), entrò preceduta da un profumo di ottima qualità, antico. Una signora sulla mezza età, una cinquantina ben portati, vestita con abiti larghi, di cotone, con colori eccentrici per i gusti europei. Una signora decisamente curata, non banale, né tantomeno anonima.
I convenevoli si limitarono al minimo richiesto dalle buone maniere. Andava per le spicce e sapeva il fatto suo.
“Professore,” esordì senza altri preamboli, con una voce che risuonava dalle profondità cavernose del suo torace, “vivo in un’epoca di declino inarrestabile. Tutto si sta sgretolando dentro di me e intorno a me.”
Riconobbi immediatamente il tipo. Non potevo accettare che il discorso cadesse sul generico e nelle lamentazioni, così d’impatto. Non nelle prime ore del pomeriggio.
“Declino rispetto a cosa?”
La signora era preparata a questo confronto, non ci pensò sopra.
“Al senso del dovere che un tempo animava le società, alla dignità del lavoro che strutturava le comunità, ai valori che hanno reso possibile la mia stessa evoluzione come civiltà”.
“La sua evoluzione come civiltà? Che intende?”
“Professore, non mi riconosce? La facevo più perspicace.”
Pensai ad una diva del cinema, una scrittrice famosa. Sono scarso in riconoscimenti.
Mrs Again s’ interruppe, quasi sorpresa dalla stravaganza del suo incipit e mi fissò cercando di indovinarne l’effetto.
“Sa, io ho attraversato millenni di storia. Ho visto cambiare tutto, più volte. No, non può riconoscermi. Io sono…beh, diciamo l’anima del mondo. In questo momento si accontenti pure di Mrs Again”.
Decisi di stare al gioco. Era l’unica strada per capire.
“Interessante. Quindi, lei, signora Again, è venuta da me per confrontarsi sulla nostalgia che, ehm….come anima del mondo, sente del passato? Mi aiuti a capire”.
“Avevo bisogno di respirare con un filosofo questa aria particolare, capire meglio. Non le pare strano? Non si lusinghi, lei era il primo disponibile.
Dopo millenni di progresso tutti oggi pensano che ‘prima era meglio’ – la struttura della mia coscienza è monolitica, pare che non ci sia spazio per altro che tornare di nuovo al passato: Make America Great Again. Mica solo in America: in Russia vogliono seppellire Lenin perché era meglio prima, ma si oppongono quelli che pensano che Lenin era meglio di oggi e meglio di prima che ci fosse Lenin . A quando vogliono tornare? Quale è il punto del loro again? Lenin? Lo zar? Ma mica solo le grandi cose, sa? Io sento le coscienze di tutti. Sempre a pensare a ieri, anche nel piccolo.”
“Mi spieghi meglio, mi faccia un esempio di queste piccole cose”.
“Ah, un padre vuole tornare ancora a portare in vacanza i figli per un mese, una quarantenne vuole tornare ad essere ancora in forma, un professore vuole insegnare ancora come si faceva quando era lui a studiare, senza tutte queste diavolerie tecnologiche, con la libertà di dare un ceffone agli studenti e via dicendo.”
La signora elencava a mente una serie di fatti, li enumerava tra sé con le mani, ma non parlava. Io rimasi in silenzio. Figurarsi, il silenzio è la mia specialità e poi ero ancora mezzo addormentato.
“Non posso dirle tutto. Alcune cose sono intime, sono obbligata ad una specie di segreto professionale. Pensi ad esempio al nuovo papa che si veste non come il suo predecessore immediato, ma come quello prima di quello che l’ha preceduto….cosa vuole che giri in testa alla sua mente? Una parola potente: again!”
Ci ho messo più di un attimo a capire. Sono sicuro che se fossimo andati avanti la signora avrebbe elencato gli again di ciascuno degli otto miliardi di individui che abitano la terra. Alla faccia del segreto professionale.
“Ok, signora. Ma tutto questo che impatto ha su di lei? Soprattutto perché è venuta a raccontarmi questa cosa?”
“Voglio confrontarmi. Lei ha scritto qualcosa in proposito, ma come dite? Le manca una figura per fare un punto. L’again è la categoria temporale privilegiata di questa mia fase evolutiva, o piuttosto …regressiva. Non so se mi piace. Ho sempre guardato avanti, ma obiettivamente questo again ha un suo perchè. Voglio capire se mi chiamerò Again per sempre e fino a quando vale questa regressione? A venti anni fa? Cento? Quando mi fermerò? A forza di again arriveremo alle caverne o c’è un punto in cui questa regressione fermerà la mia coscienza? Sarò sempre lì? No, dico, a tornare sempre indietro troverò un punto in cui dirò: beh, questo è un buon posto della storia, fermiamoci”.
Stetti in silenzio, ancora. Un po’ perché la situazione era inedita anche per un Consulente filosofico piuttosto esperto, un po’ per lasciare maturare ulteriori parole della Signora Again. Poi questa storia del regresso fino ad un punto nel quale fermarsi per sempre mi aveva coinvolto.
Quale piazzola di sosta della storia avrei scelto? Boh? Forse gli anni ’70, ma chissà perché? Forse semplicemente per il contrario di quello che questa strana signora mi stava prospettando: allora ero un ragazzino e guardavo al futuro con tutte le prospettive aperte e possibili.
Comunque attendevo che la signora andasse avanti disegnando un mandala sul mio taccuino. Che altro avrei potuto fare?
“La società che mi esprime oggi,” riprese la signora, “è governata da una gerontocrazia che ha fatto dell’again la propria bandiera esistenziale. Il potere globale è oggi nelle mani di ultrasettantenni cresciuti all’epoca della Guerra Fredda: Trump/1947, Putin/1952, Xi Jinping/1953, Modi/1950. Tutti a pescare nel mito del passato”.
Fece una pausa. Questa volta si capì che non era silenzio. Ma attesa per il colpo ad effetto.
“È quello che Bauman ha chiamato retrotopia: la tendenza a rifugiarsi in visioni idilliache del passato per sfuggire alle incertezze del presente? Me lo dica”.
Non risposi. Poi Bauman non è il mio autore preferito, anche se questa storia della retropia è azzeccata.
Mrs Again non stette a guardarmi a lungo mentre disegnavo.
“Vede, professore, è la seconda volta che mi capita. La prima non è finita bene.”
Presi con sollievo questa cosa della seconda volta, avevo un appiglio.
“Mi parli della prima volta…”
“Fu alla fine dell’Impero Romano e dell’antichità tutta. I barbari violavano le frontiere e a Roma se la presero con i cristiani, la mollezza dei costumi:
bisogna tornare a quelli che eravamo ai tempi di Giulio Cesare, anzi no, dei re. Tentarono di tornare agli usi del passato, alle divinità dimenticate.
Ci fu quel tale, l’Imperatore …Giuliano, credo si chiamasse proprio Giuliano, che tentò di ripristinare il culto delle antiche divinità… ”
Dovevo stare al gioco. Non potevo cambiare registro. Non volevo.
“Come si tirò fuori da quella situazione?”
“Mi rivolsi ad un tipo del suo genere. Aveva vissuto la prima parte della sua vita in maniera dissoluta. Poi divenne cristiano, guidato dalla madre e da un vescovo di Milano. Mi sembrava che stesse facendo il discorso inverso a quello del mondo. Guardava avanti. I nostri incontri diedero vita ad un bel libro, La Città di Dio. Meno famoso delle Confessioni, ma interessante. Un po’ pesantuccio, ma ai tempi leggevano in pochi ed erano preparati.
Poi i pochi spiegavano agli altri e tutti capivano. Vede? Anche io penso che allora fosse meglio.
Non andò a finire benissimo, ci fu il Medioevo, ma finalmente lasciarono andare le vecchie divinità, Giove e tutto l’Olimpo. Oggi sottovalutiamo l’importanza che hanno queste antiche divinità, però dentro di noi abbiamo ancora tutta la comitiva: Minerva, Saturno, Mercurio, per non parlare di Marte! Quei tipi erano divertenti, peccato che facciamo finta di averli dimenticati.
Anche nel Medioevo, in quel periodo piuttosto buio, inutile che adesso ne parlino bene, nessuno camminava con la testa rivolta al passato. La cosa strana è che per quella gente nel passato c’era stato un punto decisivo della storia: l’avvento del Salvatore. Ma guardavano al futuro, alla parusia, al ritorno di Dio. Agostino era furbo: sosteneva che la Città di Dio, quella che si sarebbe affermata nel futuro, e quella degli uomini, quella di adesso con tutti i casini, erano intrecciate tra loro. Però bisogna avere fede e fiducia.
Li convinse. Ciao, ciao Giove e Giunone, avanti con Dio, Gesù, la Vergine…
Ci fu l’anno mille e …niente. Una piccola scossa, ma sempre con la testa a guardare in avanti. Si susseguirono il Rinascimento, il Secolo dei Lumi, la Rivoluzione francese, quella comunista…. sempre guardando avanti. Sì, è dai tempi di quel Giuliano che nessuno d’importante sente il bisogno di guardare indietro. Come mi sento? Devastata.”
Decisi di intervenire, era troppo anche per me.
“Perché si sente devastata? In fondo guardare indietro è una delle possibilità.”
“No, guardare avanti è una possibilità. Avanti tutto è possibile. Nel passato tutto è avvenuto, non c’è possibilità. P A R T I C I P I O P A S S A T O”, disse ticchettando ogni lettera sulla mia scrivania.
” Il ritorno al passato perché non si sta bene nel presente si chiama de-generazione”.
“Attenzione, Signora. Quello che lei descrive come degenerazione è spesso semplicemente una evoluzione dolorosa. Il problema non è il cambiamento in sé, ma la sua incapacità di viverlo con entusiasmo e desiderio”.
Mrs Again alla parola desiderio sobbalzò.
“Sì, signora: desiderio.”
Presi dalla scrivania un volume di Recalcati. “Come scrive Massimo qui: ‘L’epoca ipermoderna ci pone di fronte a un paradosso: l’ipertrofia del possibile coincide con l’impotenza del desiderio’. Lei sta sperimentando esattamente questo: di fronte all’eccesso di possibilità che ci prospetta il presente, regredisce verso un passato che le fornisce coordinate apparentemente stabili. Forse ha troppe possibilità e non sa scegliere. Ci ha mai pensato? Il passato le dà coordinate stabili, ma è anch’esso una possibilità del presente, la più confortante, la meno imprevedibile.”
“Coordinate stabili, ma sulle quali non posso far nulla, perché sono state già stabilite. Mi scusi il gioco di parole. Io sono venuta qui perché il sole illumina il Quaderno rosso e lei stava pensando a Jung…ora mi cita questo tale… Recalcati…”
Rimasi un attimo basito. Come diavolo?….mi voltai e in effetti il sole era ancora ben centrato sul tomo. Mrs Again ha lo sguardo lungo. Perspicace.
“Che direbbe il suo Jung?”
“Ok, Signora Again. Stiamo anticipando i tempi, ma ci provo. Lei vive quello che Jung definirebbe identificazione con l’archetipo del Senex collettivo. Lei, la coscienza del mondo, o, mi permetta suboscienza, inconscio collettivo, si è travestita prematuramente da vecchia saggezza, un po’ pedante, per evitare le fatiche di scegliere cosa vuole essere adesso. Al tempo stesso, però, questo suo stato non la convince del tutto, sa che prima o poi dovrà uscirne, per questo è devastata“.
Mi alzai dirigendomi verso la libreria. Dissi solenne voltandole le spalle e guardando i titoli dei miei libri come se dovessi sceglierne uno:
“Il Senex, quando prevale la sua ombra, è sterile: critica, lamenta, rimpiange, ma non genera nulla di nuovo. Senex e Puer viaggiano insieme. Sono un po’ come le due città di Agostino, o Giano bifronte: una faccia guarda indietro e una avanti. Se lei è venuta qui è perché desidera che il Puer prenda il sopravvendo sul Senex, o almeno, reclami il suo ruolo”.
Tra i miei libri non avevo trovato Retropia di Bauman, forse era in soffitta. Sarebbe stato un bel colpo.
Continuai:
“Ha fatto buone letture, anche Bauman è di aiuto. È esattamente quello che descriveva nella sua retrotopia: il rifugio in un passato idealizzato che diventa prigione esistenziale. La risposta ad una società liquida. Le cito a memoria, si accontenti: ‘Non c’è una visione di come potrebbe essere il mondo domani, solo il desiderio di ritornare a quello di ieri’.”
“E cosa dovrei vedere nel mondo domani, secondo lei?”
” Lasci perdere l’élite al potere, tutte queste forme con le quali si identifica. Lavori in piccolo. Cerchi di iniziare un percorso. Lo chiamiamo individuazione, ma semplicemente scelga cosa vuole essere. Inizi dal gustarsi il pranzo e la sua preparazione” .
“Forse lei non ha capito. Come anima del mondo io non sono autonoma. Subisco la somma delle coscienze. Sono la cugina stretta di Weltanschauung, la visione delle cose condivisa dalla gente del tempo”.
“In fondo lei ha ragione”.
Tornai al mio posto lanciando Recalcati sulla seconda poltroncina che avevo avanti a me. Avrei deciso poi cosa farne. Forse una zeppa per il tavolo traballante che ho in cucina.
“La retrotopia di Bauman ci insegna proprio che questo meccanismo non è solo individuale, ma precisamente collettivo. Intere società regrediscono verso passati idealizzati, così si risparmiano la fatica di immaginare futuri inediti e comunque incerti. Ma l’individuazione procede in direzione opposta: non verso il già stato, ma verso il non ancora. Certo, le figure archetipe ci appartengono, puer, senex, esploratore, sovrano, mago…. ma siamo realizzati quando scegliamo una nostra strada”.
“Lei cosa sa della mia vita interiore?” chiese improvvisamente, con una aggressività che tradiva una certa vulnerabilità.
“So che lei guarda una società frammentata tra democrazie stanche, autoritarismi nostalgici e tecnocrazie senz’anima. Le subisce fino ad identificarsi con esse. So, Mrs Again, che ospita miliardi di esseri umani che lavorano in sistemi che non riconoscono più come propri. So anche che da tempo immemorabile sognava di diventare una coscienza planetaria unificata.”
Si irrigidì. “Come fa a…”
“Perché l’unificazione rappresenta esattamente ciò che sta rifiutando di fare con sè stessa: integrare le sue contraddizioni, non per rimanerne paralizzata, con il collo torno all’indietro, ma per portarne alla luce le potenzialità creative e renderle vive nel presente.”
Feci una pausa calcolata. L’avevo sparata grossa, forse inutilmente. A volte mi piaccio mentre parlo e perdo di vista il bersaglio. Maledetto Narciso!
“La coscienza planetaria unificata non è nostalgia di un’età dell’oro mai esistita, Mrs Again. Non è inconscio collettivo, ma la sintesi sotterranea della storia. Come sintesi interpreta i frammenti della sua storia per costruire narrazioni. Anche tornare al passato è possibile, ma domani, nel futuro e in una forma nuova. Il tempo può essere percorso solo in una direzione. Credo”.
In realtà questa cosa del tempo non mi è più così chiara. Però l’immagine del tempo che può essere percorso solo in avanti è sempre efficace.
“Ho millenni di età. Lo dice a me? Magari potessi tornare realmente indietro! Però tutto questo mi mette in crisi. Non sarà che è stato esplorata ogni possibile soluzione e che oggi sia giusto pescare una carta nel mazzo di quelle che già sono state giocate?”
“Il tempo giusto per la scelta non coincide con l’età, Mrs Again. Coincide con il kairos, l’occasione propizia, l’attimo magico”.
“Ma come si fa a sapere se è il momento giusto per una trasformazione così radicale? Qui non si tratta della ruota o del vapore. Fatti importanti, ma circoscritti. La tecnologia, l’intelligenza artificiale, la fluidità sessuale, la religione, tra ateismo e fanatismi…sono fatti inediti, qui cambia tutto. E’ questo il momento giusto? O è meglio tornare a prima, almeno un attimo?”
“Guardi, io penso che ci sia un punto privilegiato per riconoscere il momento giusto: è quando la sofferenza del rimanere uguale a sé stessi supera la paura del cambiamento”.
Mi fermai un attimo. Quella frase sul momento giusto mi era uscita bene, non andava sprecata.
“Lei adesso è qui perché sente che quella soglia è stata attraversata. Le crisi ecologiche, le disuguaglianze, le guerre, i populismi nostalgici – tutto questo è il sintomo che il vecchio equilibrio non regge più. La soluzione non è ristabilire l’equilibrio, ma trovarne uno nuovo…il suo punto di equilibrio, dato dalla congiunzione di elementi opposti, come nella vecchia alchimia”.
Mrs Again rimase in silenzio per lunghi istanti. Quando riprese a manifestarsi, la voce aveva perso quella rigidità difensiva dell’inizio. Non era neanche una voce cavernosa, appariva più fresca, fluida.
“Professore, io non so nemmeno più cosa sono veramente. Ho passato secoli a essere quello che gli altri si aspettavano che fossi: ora Impero, ora Nazione, ora Mercato, ora Nostalgia.”
“Si identifica con tutto questo? Non le pare troppo anche per lei?”
“No, io sono anima, non so se sia la definizione giusta, ma sono qualcosa che è più grande delle maschere che devo indossare”.
“Ecco. Questo è l’inizio dell’individuazione collettiva: il riconoscimento che quella cosa che lei ha costruito sui ruoli geopolitici è una maschera. Jung la chiamava Persona. Utile per funzionare nei rapporti di forza, fatale se identificata con il proprio essere autentico”.
“E come si fa a togliere la maschera senza rimanere nel caos?”
“Proprio attraverso l’integrazione graduale degli elementi diversi. Non si tratta di tornare indietro a un fantomatico stato di natura nel quale tutto funzionava. Lei sa meglio di me che nel passato una donna che si alzava la mattina non aveva da aspettarsi molto di buono dalla sua giornata. Eccola qui, Mrs Again, oggi lei è emancipata, colta, a parlare con un uomo in una stanza chiusa. Le cose sono cambiate, quasi sempre in meglio, a volte in peggio. Non esiste nessuna età dell’oro perduta da riconquistare. Bisogna conquistare una consapevolezza nuova della sua responsabilità verso il futuro e, mi permetta, entusiasmo verso le infinite possibilità che possiamo sceglierci”.
Ma ti senti?, mi dissi. Sarei dovuto essere più pratico, ma Mrs Again sembrava perfettamente in grado di cogliere discorsi complicati.
“È un processo che fa paura, altro che entusiasmo. Una cosa è una donna che si emancipa, un’altra cosa una donna che può sentirsi uomo, gender fluid, che non abbia i riferimenti di una famiglia tradizionale”.
“Certo che fa paura. Ogni autentica nascita comporta una morte. La morte fa sempre paura. Ma consideri l’alternativa: rimanere intrappolata nell’again, come i leader gerontocratici che pretendono di rappresentarla, i capi religiosi che interpretano rigidamente la tradizione antica? La possibilità è tra fare il salto o diventare un simulacro di sé stessa, una civiltà morta che respira nostalgia invece di progettare il domani.”
“Sono vecchia per queste cose”.
Guardai soddisfatto il mandala che avevo scarabocchiato, un vero disastro. Strappai il foglio e cominciai a farci un origami. Eravamo al punto. Chiesi risposte immediate a qualche domanda.
“Come si vede da bambina? Oggi intendo. Una lei bambina”.
“In un angolo buio, spio i grandi che parlano”.
“Non le pare che quella bambina debba uscire dall’ombra?”
“No”.
“Non dico solo per lei, ma anche per i grandi! I grandi hanno sempre da imparare dai bambini. Faccia gridare quel bambino in faccia ai grandi. Ha presente Greta Thumberg? Chiuda gli occhi e immagini quella bambina che era in un angolo che esce dall’ombra. Cosa vede?”
“La bambina scappa”.
Mrs Again si alzò come per uscire dal mio studio: “Professore, ammesso che li convinca, come si inizia praticamente questo processo di individuazione planetaria?”
“Si inizia con una domanda diversa. Non più ‘come era meglio prima’ ma ‘cosa posso diventare adesso per le generazioni future, per quella bambina che è in un angolo nell’ombra. Perché se anche la decisione è di far prevalere il vecchio sul bambino, questa decisione riguarda il domani”.
La signora Again mi guardò come si guarda un cretino, aveva le sue ragioni. Continuai perché mi resi conto che quello non era l’inizio di un intervento, ma la fine.
Provai ancora:
“Guardi, non lo so…. mi risponda, cosa associa alla parola attraversamento? Cosa le viene in mente?”
“Le strisce pedonali”.
Feci finta di prendere nota.
“Bene. Ci vediamo la prossima volta”.
“Non credo”, disse Mrs Again, abbozzando un sorriso, Agostino è stato di maggior aiuto.
“Non ho dubbi”, le dissi, “ma non è finita bene!”
“Questo l’ho detto io”, precisò la signora.
“Ah, il contratto… signora Again. Da firmare”.
“Ci vediamo tra qualche secolo, professore.”
